martedì 13 novembre 2018

Il Fatto 13.11.18
Quel che resta di Renzi fa più danni della grandine
di Andrea Scanzi


Ormai il suo ruolo è chiaro: salvare il Salvimaio. Agli albori della sua parabola, quando larga parte dei media lo fraintese (non di rado in malafede) per fenomeno, Matteo Renzi disse di essere più grillino di Grillo. A suo modo era vero: ascoltando e guardando Renzi viene sempre da pensare che tutto, in confronto, sia migliore. Ma proprio tutto. Anche un simposio con Orfini in una discarica bombardata da Assad.
È per questo che, negli ultimi giorni, quel che resta di Renzi è tornato a parlare: perché sente che il Salvimaio può schiantarsi. Così lui, fraternamente, lo aiuta. Come? Aprendo bocca a caso, vestito come un nobile decaduto – nonché daltonico – e ormai più appesantito di Jardel quando transitò ad Ancona. Provate schifo per il dl Pillon? Fate bene. Manifestate per il dl Sicurezza? Ci sta. Credete che Mimmo Lucano sia Gandhi? Liberi di farlo. Ma è proprio qui, quando vi sentite così indignati da votare chiunque – persino il Pd – tranne M5s e Lega, che arriva lui. La Diversamente Lince di Rignano. La versione al lampredotto di Tony Blair. L’uomo che, giovedì scorso, ha ammazzato il nuovo corso di Rete4 affossando il povero Gerry Greco con uno stitico 2,5% in prima serata. Renzi distrugge tutto quel che tocca, come un Re Mida che comincia sempre con la “M”, solo che forse la parola è di cinque lettere. Con quel bell’eloquio in grado di elettrizzare le masse come una mietibatti in folle nella piana di Tegoleto, Renzi ci ha parlato ancora. Lo ha fatto dall’avamposto di Salsomaggiore, dove c’era una convention chiamata “Italia 2030”, anno in cui si spera che Renzi sia tornato a fare quel che meglio sa fare: cioè niente. Egli ha lanciato parole dure: “Mi rivolgo qui a una persona squallida che si chiama Rocco Casalino, che ha rilasciato una intervista in cui diceva che mi dovrei vergognare perché ho strumentalizzato mia nipote. Dico a Casalino, superpagato con un superstipendio da parte dei cittadini italiani: io mi vergogno di te e di quel presidente del Consiglio che ti tiene in quel posto”. Poco conta che Renzi facesse riferimento a parole dette da Casalino all’interno di una finzione per provocare, come ha rivelato l’organizzatore del lontano evento (2004) Enrico Fedocci: a Renzi, la verità, non è mai interessata. E almeno in questo è coerente. Stentoreo anche l’attacco a Grillo: “Davide Faraone ha avuto una reazione ancora più bella della mia su sua figlia, Sara, dopo le parole squallide di Beppe Grillo sulle persone che soffrono dei disturbi dello spettro autistico. Dovete vergognarvi”. Detto che prendere Faraone a esempio è un po’ come ispirarsi a Gianni Togni per emulare i Led Zeppelin, Grillo avrebbe alluso all’autismo all’interno di un palese paradosso satirico.
Ma siam sempre lì: chi se ne frega della verità. L’importante è buttarla in vacca, soprattutto quando sei alla canna del gas. Da qui il mitologico finale dell’arringa renziana: “E su questo io mi faccio incatenare in Parlamento. Per 4 anni e mezzo chiederò le vostre dimissioni, squallidi. Potete buttare in politica tutto quello che volete, ma giù le mani da mia nipote, da Sara, da Giovanni, dai nostri bambini”. Tralasciando la miseria umana dello scomodare bambini (che nessuno ha mai attaccato) per fare “politica”, suona leggendaria la “minaccia” di incatenarsi. Ormai Renzi è un pugile suonato che neanche ricorda più d’esser stato pugile. Fa quasi tenerezza. Matteo, dai retta: se lo fai, rendi contenti tutti. Pd e oppositori. Insomma: gli italiani tutti. Quindi, una volta tanto, sii di parola: incatenati sul serio. E smetti di fare più danni della grandine.