Corriere La Lettura 25.10.18
Il lato matematico di Platone
Così Reale recuperò i Greci
Esce
una raccolta di studi del grande antichista italiano, difensore dei
classici contro la visione scientista e il disprezzo diffuso per la
teoria. La concezione delle idee come principi numerici, il primato
della dottrina non scritta
di Donatella Di Cesare
Nel Fedone Socrate si mostra assai deluso dall’indagine rivolta ai fenomeni naturali
Teme che pretendere di cogliere le cose con i cinque sensi finisca per accecare l’anima
Qui
si compie il passaggio decisivo dal sensibile all’intellegibile, dal
sapere che si accontenta dell’apparenza aquello che si innalza ai
concetti
Nel corso degli anni Novanta, quando la
filosofia analitica, quella che si concepisce come analisi
logico-formale, aveva raggiunto il suo apice, c’era chi aveva cominciato
a gettare discredito sul pensiero antico, nonché ovviamente sullo
studio della lingua greca e di quella latina. A che pro studiare quel
capitolo chiuso e concluso? Perché perdere tempo con Platone anziché
risolvere i problemi attuali?
In quel delicato frangente, che ha
lasciato segni evidenti altrove, Giovanni Reale (scomparso nel 2014) ha
svolto in Italia un ruolo decisivo a difesa della filosofia classica. Ne
è testimonianza il volume Storia della filosofia greca e romana che,
appena pubblicato da Bompiani, raccoglie gli studi del grande antichista
in un percorso suggestivo che va dai primi frammenti, risalenti almeno
al VI secolo a.C., fino al decreto con cui l’imperatore bizantino
Giustiniano chiuse nel 529 d.C. tutte le scuole dell’Impero guidate da
pagani. Oltre mille anni di storia della filosofia narrati con perizia,
sapienza, semplicità. Reale ha lavorato a quest’opera per quattro
decenni, intendendola quasi come un commento e un supporto alla
fortunata collana del «Pensiero occidentale», dove sono usciti in
edizione italiana, con testo a fronte, numerosissimi classici.
Il
richiamo a Martin Heidegger è significativo. L’inizio greco non è
destinato ad essere superato in grandezza dalle altre epoche. Al
contrario: la filosofia dei Greci è la più grande. E la filosofia è
prettamente greca. Perciò è peculiarità dell’Occidente; non esiste in
altre tradizioni nulla di paragonabile. Da un canto Reale punta l’indice
contro lo scientismo, che pretenderebbe di misurare la filosofia con i
criteri della scienza, dall’altro denuncia il dilagante disprezzo per la
«teoria» che non servirebbe alla vita pratica. Occorre guardare alla
filosofia greca dove la teoria è una forma di prassi. Come sostiene
Aristotele nella Politica, attivi al più alto grado sono coloro che
esercitano un’attività di pensiero; tanto più che theoreîn non significa
solo «vedere», ma anche «partecipare». Reale si riconosce
nell’ermeneutica di Hans-Georg Gadamer che, rilanciando l’insegnamento
di Heidegger, ribadiva l’attualità del pensiero greco. Erano gli anni in
cui il conflitto con la filosofia analitica veniva letto secondo il
paradigma: «Noi greci, loro moderni». Ma la ripresa della riflessione
antica non è antiquaria. Se la filosofia è indissolubilmente legata alla
sua storia, questa storia non segue la freccia del progresso. Ecco
perché, nell’apertura circolare di un dialogo, ammette e, anzi,
sollecita la partecipazione. Al contrario di quel che avviene nella
scienza, le domande della filosofia sono sempre le medesime, solo poste
in modo differente. In tal senso l’incontro con la filosofia greca è
«l’incontro con noi stessi».
Nata nelle vie e nelle piazze della
pólis, dove il cittadino è chiamato alla vita politica, la filosofia si
sviluppa lungo il filo conduttore del lógos, del discorso,
dell’argomentazione, della ragione. Ma per Reale ciò che
contraddistingue la tradizione greca è la metafisica, quel modo di
pensare oltre i dati sensibili della realtà presente. Ne scorge le
tracce già nell’orfismo, in quella iniziale religiosità ascetica, che
per la prima volta parla di un che di «divino», che alberga nel corpo
umano, cioè l’anima, la psyché. La morte è una liberazione dalla
prigione del corpo, un ritorno all’origine dopo le sofferenze patite in
terra. Questa potente dottrina della trasmigrazione delle anime,
scaturita dalla fantasia orfica, capace di dischiudere l’aldilà, si
sarebbe poi innestata nel cristianesimo.
Protagonista del volume è
Platone, in cui Reale riconosce il «vertice del pensiero antico». È
stato infatti il primo filosofo a guardare la realtà con «nuovi occhi»,
quelli dell’anima. Reale ricorda la «seconda navigazione» descritta da
Platone nel dialogo Fedone. A parlare è Socrate, deluso dall’indagine
sui fenomeni naturali; il suo timore è che, seguendo coloro che si
volgono immediatamente alle cose, pretendendo di coglierle con i cinque
sensi, finisca per accecare la propria anima. Si prepara allora alla
«seconda navigazione», metafora del linguaggio marinaresco, che indicava
il caso in cui, non essendoci più vento, la nave poteva essere spinta
solo dai remi. Questo è il passaggio decisivo dal sensibile
all’intellegibile, dalla conoscenza che si accontenta dei sensi a quella
che si innalza alle idee, intese da Platone come le «forme» delle cose.
In questo varco metafisico sta per Reale il vero inizio della
filosofia. Le idee sono principi formali, numerici, sono anzi numeri
ideali.
Vale la pena ricordare che Reale aderì alla Scuola di
Tubinga, le cui figure più significative furono Konrad Gaiser, Hans
Krämer, e in seguito Thomas A. Szlezák. L’insegnamento di Platone non
può essere confinato agli scritti, ma va ricercato piuttosto nella
dottrina «non scritta» trasmessa, fra gli altri, anche da Aristotele. Ne
risulta una filosofia sistematica e fortemente matematizzata, dove
assume rilievo la riflessione sull’uno, ma soprattutto sul due — che
cosa significa due? — sulla diade infinita, «principio e radice della
molteplicità degli esseri». Anche chi non ne condivida i contenuti,
dovrà ammettere che questa interpretazione, di cui Reale è stato il
maggior esponente in Italia, ha aperto nuove vie di ricerca.
L’ammirazione
per Platone, il grande pioniere del soprasensibile, non impedisce a
Reale di scrivere pagine eccellenti su Aristotele, dalla fisica
all’etica, dalla logica alla poetica, ricostruendo la portata epocale
del suo pensiero. Ma a segnare una cesura, capace di ripercuotersi sulla
filosofia, è il tramonto definitivo della pólis nel tempo di Alessandro
Magno. Al cittadino subentra il suddito e, mentre vengono meno le
antiche passioni, ciascuno è rinviato a se stesso e alla propria
individualità in un mondo dove l’etica si scinde dalla politica, come
attestano le scuole filosofiche successive.
Il volume contiene
un’ultima parte in cui, da Filone d’Alessandria ad Agostino d’Ippona,
viene delineato l’incontro fra tradizione ebraica e filosofia platonica,
da cui sarebbe scaturito il cristianesimo. Particolare risalto assumono
anche le figure di Plotino e di Proclo. Viene prospettata allora una
«terza navigazione», quella che non si ferma all’oltresensibile delle
idee, alle forme immutabili, ma si apre agli imponderabili misteri della
fede. Si legge qui in filigrana il cammino sia intellettuale sia
autobiografico di Reale, molto improntato, in particolare negli ultimi
anni, a un’ispirazione religiosa. L’oltre della metafisica, che riteneva
di non trovare più nel mondo attuale, ha improntato la vita
contemplativa di questo grande maestro.