Corriere 5.11.18
Il mistero della freccia del tempo
Lo
scienziato Eugenio Coccia, rettore del Gran Sasso Science
Institute«Einstein ci ha liberato da pregiudizi che erano passati
inosservati per secoli»
Cosa c’è tra la teoria della relatività e la meccanica quantistica?
Nuove sfide nella terra di nessuno
di Giovanni Caprara
«La
relatività di Einstein ha cambiato tutto. Ha liberato lo spazio e il
tempo da pregiudizi che erano passati inosservati nel corso dei secoli.
Li ha portati a essere protagonisti di una nuova teoria fisica
accessibile all’osservazione», spiega Eugenio Coccia, rettore del Gran
Sasso Science Institute, la nuova scuola universitaria superiore a
L’Aquila.
«Con Einstein — continua lo scienziato — lo spazio e il
tempo non sono più delle variabili rigidamente separate e quello che
abbiamo imparato a chiamare spazio-tempo si deforma in presenza di masse
ed energia. Lo aveva previsto nella sua teoria della relatività
generale ed era stato dimostrato nel celebre esperimento del 1919 quando
l’astronomo britannico Arthur Eddington misurò, con una spedizione
rimasta celebre alle isole Sao Tomé e Principe, la deformazione dei
raggi di luce di stelle lontane durante un’eclissi di Sole. In
particolare, per quanto riguarda il tempo, il suo ruolo come parametro
fondamentale nei fenomeni naturali è stato compreso soltanto nel tardo
Medioevo».
Prima del grande genio era intervenuto Galileo Galilei a
cambiare radicalmente la prospettiva cosmica, la descrizione della
natura, abbattendo l’immutabile sfera di cristallo celeste immaginata
dal grande Aristotele. La sua scoperta delle quattro lune intorno a
Giove, dedicate ai Medici, non è solo l’individuazione di nuovi corpi
celesti. «È la scoperta dell’ignoranza — nota Coccia —, la dimostrazione
che tutto quello che si poteva sapere non era già stato scritto nei
libri e che non c’erano verità indiscutibili. La scoperta di Galileo
nasceva dal dovere di dubitare e dalla necessità di osservare
direttamente per verificare con gli esperimenti la natura delle cose».
Galileo
è stato il primo a dare un ruolo alla nozione scientifica del tempo
garantendogli una misura precisa. Lo ha dimostrato facendo ricorso
all’acqua che esce in un «cannellino» da un secchio d’acqua calcolando i
tempi al decimo di secondo, oppure misurando lo scorrere di sfere lungo
un piano inclinato arrivando a stabilire la legge del moto. E ancora,
osservando le oscillazioni del lampadario appeso nel duomo di Pisa, ha
evidenziato un principio che sarà alla base della teoria delle
relatività generale di Einstein.
«Per Galileo, inoltre — continua
Coccia —, il piano inclinato è uno strumento di indagine per forzare la
natura e coglierne i suoi segreti. Quindi lo possiamo considerare come
il progenitore degli attuali acceleratori con i quali si compie lo
stesso tipo di esplorazione. Non possiamo ignorare, però, che uno
spirito scientifico, in senso naturalistico, emerge anche nelle visioni
di Dante descritte nella Divina Commedia quando immagina ai limiti
estremi del cosmo un punto identificabile con l’origine dell’universo:
oggi ci appare come un’affasciante intuizione poetica di quanto abbiamo
capito solo nel secolo scorso con la scoperta del big bang».
Ma ora
la fisica dello spazio e del tempo quale sfida ha davanti? «Tra la
teoria della relatività e la meccanica quantistica — continua il rettore
del Gran Sasso Science Institute — esiste una terra di nessuno che
ancora non si è riusciti a decifrare. C’è un gap fondamentale che oggi
rappresenta la nostra sfida più ardua, perché non possono esistere due
descrizioni inconciliabili della realtà. Entrambe sono necessarie ma
deve esistere un modo per unirle assieme. I fisici teorici hanno
proposto varie ipotesi, dalla teoria delle stringhe alla loop quantum
gravity ma ancora non si è riusciti a trovare qualche indizio di
conferma nelle prove sperimentali».
Qui esiste un limite nella
tecnologia a disposizione, perché negli esperimenti bisognerebbe
raggiungere un’energia molto più elevata di quella offerta dagli attuali
acceleratori, anche potenti, come il Large Hadron Collider Lhc del Cern
di Ginevra.
«Infine c’è il mistero della freccia del tempo —
conclude Eugenio Coccia — che va in una sola direzione: sempre avanti.
Qui possiamo pensare di allacciare questo andamento a due altri
fenomeni, pure loro unidirezionali: il primo è l’espansione
dell’Universo, il secondo è legato all’aumento inevitabile
dell’entropia, cioè alla tendenza naturale dei fenomeni naturali alla
dispersione e al disordine».
La fisica, insomma, è un’avventura che continua.