Corriere 25.11.18
l premier greco
Tsipras: meglio cedere ora
di Federico Fubini
«Cedete subito, poi sarà peggio»: il premier greco Tsipras dà consigli all’Italia. E sull’uscita dall’euro? «Buona fortuna».
Di
recente Alexis Tsipras ha avvicinato alcune personalità italiane
perché, come premier greco, aveva delle scuse da presentare e un
consiglio da dare. Prima le scuse, o almeno la spiegazione, per non aver
creato neanche un po’ di attrito nell’ingranaggio dell’area euro che
sta mettendo il bilancio di Roma sotto accusa. «Non posso far nulla
perché sarei il primo a destare sospetti», ha detto Tsipras, che
senz’altro ricorda come l’Italia non fece nulla quando lui cercò
disperatamente di ammorbidire le condizioni — allora draconiane — poste
dall’area euro alla Grecia.
Poi però Tsipras, memore della
ritirata che improvvisò nel luglio 2015 dopo aver bloccato i conti
bancari degli elettori per evitare il collasso del sistema, ha offerto
un consiglio all’Italia. «È meglio che facciate oggi quel che comunque
vi faranno fare domani», ha osservato. «Se invece avete un’altra idea –
ha aggiunto, forse alludendo all’opzione di uscita dell’euro che lui
rifiutò - be’, allora good luck». Buona fortuna.
Non serve
l’esperienza di un politico greco per capire che oggi non ne ha bisogno
solo il governo italiano, ma l’intero Paese. Venerdì Moody’s, l’agenzia
di rating che ha appena declassato il debito italiano a un solo gradino
da «spazzatura», ha fatto capire che potrebbe rivedere in peggio il
giudizio se l’economia peggiorasse ancora. E pochi giorni fa Goldman
Sachs, la banca americana, ha pubblicato le sole stime di crescita
davvero realistiche sulla base dei dati disponibili: il prodotto lordo
dell’Italia nel 2019 dovrebbe crescere dello 0,4%, un terzo di quanto
prevede la Commissione Ue e circa un quarto di quanto annunciato dal
governo. Una differenza di Goldman rispetto a Bruxelles o ai politici di
Roma, è che la banca non ha l’esigenza politica di fingere di credere
che l’Italia sia in ripresa. La Commissione Ue potrebbe averla per
rafforzare la sua accusa che il governo di sta comportando come la
cicala della favola di La Fontaine; il governo invece per rafforzare la
propria stessa favola, secondo cui questa manovra giova all’economia.
Naturalmente
la realtà è diversa, più simile a quella descritta da Goldman. Il
relativo allentarsi delle tensioni di mercato negli ultimi giorni è
servito ad alcuni investitori per ricostruire posizioni ribassiste
sull’Italia da livelli più favorevoli, contando sul fatto che i prezzi
cadano ancora e i rendimenti del debito pubblico salgano. È ciò su cui
si punta ai piani alti della Commissione Ue, dove si è già fatto il
calcolo che l’Italia non possa sostenere uno spread a 400 punti (oggi il
rendimento fra i titoli decennali di Berlino e di Roma è di 306 punti,
il 3,06%, ma di recente ha già superato quota 330).
È questo che
intende dire Tsipras quando invita gli italiani a cambiare strada per
non essere costretti a farlo dopo danni ingenti, pagando un prezzo più
alto. La Commissione e l’intera area euro ritengono di avere il coltello
dalla parte del manico, perché vedono dove sembra essere diretta
l’Italia: una crisi di liquidità sul debito nei primi mesi del 2019,
quando il Tesoro dovrà fare provvista sul mercato ma gli investitori
esteri proseguiranno il loro sciopero attuale. Questa crisi, se
arrivasse, piegherebbe le banche prima ancora che il governo perda
l’accesso al mercato.
La riflessione di Bruxelles si poggia poi su
un altro fattore: l’Eurobarometro, un sondaggio della Commissione,
mostra che il sostegno degli italiani all’euro sia molto cresciuto e
oggi arrivi al 57%. Di conseguenza si ritiene che l’opinione pubblica
obbligherà il governo a fare marcia indietro e a chiedere un salvataggio
europeo – se necessario – pur di restare nella moneta unica.
Sono
calcoli molto razionali, che non includono né rendono espliciti altri
fattori. Il primo è che sul governo agiscono anche correnti sotterranee
sempre pronte a prendere in ostaggio la maggioranza degli italiani e
portare il Paese fuori dall’euro, per ragioni ideologiche o anche solo
di potere: non perdere il controllo di fronte alle pressioni di
Bruxelles. Il secondo fattore è che le condizioni di un eventuale
salvataggio europeo potrebbero di fatto includere la cessione —
convenientemente — a soggetti esteri di Eni, Enel, parti della stessa
Cassa depositi e prestiti o il rinvio o la revisione in peggio dei
termini di rimborso dei titoli del debito pubblico ai creditori privati.
Il terzo poi è una differenza di fondo con l’esperienza dello stesso
Tsipras: nel 2015 lui poté decidere da solo, mentre oggi l’Italia è
guidata dal duumvirato dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Nessuno dei due, cedendo a Bruxelles, vuole lasciare le praterie
elettorali del populismo all’altro. Non è chiaro se i vicepremier si
rendano conto in pieno della strada sulla quale hanno messo il Paese.
Perché in fondo la trattativa che conta non è fra Roma e Bruxelles, ma
fra loro.