Corriere 14.11.18
Il rapporto
Quei bimbi in povertà e le periferie educative
di Paolo Di Stefano
È
già in sé impressionante il divario di competenze scolastiche tra
regioni di uno stesso Paese: stiamo parlando ovviamente dell’Italia.
Purtroppo si sa che un minore cresciuto a Enna non ha le stesse
opportunità di un ragazzo che cresce a Milano. Scandaloso, niente di
nuovo anche se inaccettabile. Non nuovo il fatto che su questi squilibri
la politica evita accuratamente di farsi domande, figurarsi se si
impegna a cercare risposte. Ben altre le cosiddette «emergenze» a cui
porre rimedio: quelle, arcinote, che pro-curano immediati consensi
elettorali, e possibilità di facili slogan. Altrettanto impressionante è
ciò che emerge in tutta evidenza dal nuovo, benemerito, «Atlante
dell’Infanzia a rischio» pubblicato da Save the Children (Treccani). Se
qualcuno immaginava che il divario più drammatico fosse quello tra Nord e
Sud, adesso ha tutti gli elementi per ricredersi. Differenze abissali
di apprendimento si registrano anche tra aree urbane molto prossime. Si
veda-no, per esempio, i dati Invalsi. A Napoli 25 punti dividono
Posillipo dai quartieri più svantaggiati; a Palermo 21 punti tra
quartiere Pallavicino e Libertà; a Roma 17 tra Medaglie d’Oro e Casal
de’ Pazzi. «È assurdo che due bimbi che vivono a un solo isolato di
distanza — osserva Valerio Neri, direttore generale di Save the Children
— possano trovarsi a crescere in due universi paralleli». Stesso
baratro se valutiamo i titoli di studio nei differenti quartieri. Nel
centro di Milano i laureati superano il 50%, ma basta spostarsi a Quarto
Oggiaro per precipitare al 7%: una decina di chilo-metri e il mondo
cambia. Non per niente la nona edizione dell’«Atlante», curata come
sempre da Giulio Cederna, si intitola «Le periferie dei bambini»: le
periferie fisiche delle città sono anche «periferie educative» che
risentono delle disparità economiche e sociali, oltre che della pessima
qualità dei servizi e degli spazi urbani, spesso a due passi dalla
ricchezza. In pratica i nostri bambini e adolescenti crescono in un
mondo pieno di muri invisibili (e invalicabili) contro cui sbattono di
continuo senza saperlo. Chi glielo dice? Nessuno. Probabilmente lo
sapranno quando saranno adulti. Cioè troppo tardi. Chi si preoccupa di
loro? Quando va bene, i genitori. Già, ma se anche loro sono periferia
educativa? Chi glielo dice ai genitori che la vera minaccia per i loro
figli non è la presenza degli immigrati ma l’assenza di buone
biblioteche pubbliche?