sabato 6 ottobre 2018

Repubblica 6.10.18
Gli ultimimarxisti-leninisti d’Europa
In Portogallo la notizia della morte del Partito comunista è quantomeno esagerata: il Pcp resta fedele alla linea
Stiamo per compiere 98 anni e non abbiamo mai rinunciato ai nostri ideali poilitici
Bisogna adottare le armi migliori in base alla propria realtà
di Javier Martin Del Barrio


La caduta del muro di Berlino e la scomparsa dei referenti internazionali non hanno intaccato il marchio del comunismo lusitano. Marxista, leninista, patriottico e internazionalista, il Partito comunista del Portogallo vive la sua epoca più gloriosa. Il suo gruppo parlamentare ( assieme a quello del Blocco di sinistra) tiene in piedi il Governo socialista, nonostante faccia una «politica di destra » . Per alcuni il Pcp è un’anomalia del XXI secolo; per altri fa parte dell’identità del Paese. Sia come sia, né il corso della storia né la comparsa di nuovi partiti a sinistra sono riusciti a rimuoverlo dalla scena.
Decine di migliaia di persone agitavano le loro bandiere, in maggioranza rosse con la falce e martello, alla chiusura dell’ultima festa del Pcp. Tuonava Jerónimo de Sousa: «È il capitalismo e la sua natura sfruttatrice, oppressiva, predatoria e aggressiva che sono all’origine dei gravissimi problemi che affliggono l’umanità » . Il segretario generale, esattamente come 98 anni fa, quando fu fondato il Pcp, conosce la causa di tutti i mali: «È dal capitalismo che nascono le crisi economiche, i conflitti, le guerre e le atrocità che pesano sul pianeta».
Non bisogna far altro che leggere la maggior parte dei saggi pubblicati per sapere che la filosofia di Marx, Lenin e de Sousa è più viva che mai. La realtà della mappa geopolitica, tuttavia, si ostina a contraddire questa visione. Se nel 1964 Krusciov promosse una conferenza mondiale con i 26 Paesi comunisti del mondo, oggi si potrebbe convocare la stessa riunione in una Smart e rimarrebbe spazio per stendere le gambe. Con i partiti comunisti di Cina, Vietnam, Laos e Cuba che riconoscono la proprietà privata e il libero scambio, rimane la Corea del Nord a custodire i fondamentali dell’ideologia.
Sull’onda di questa deriva storica, i partiti comunisti si sono progressivamente distaccati dall’ideologia originaria o hanno rinnegato il loro stesso nome. Non è andata così in Portogallo. « Stiamo per compiere 98 anni e non abbiamo mai rinunciato al marxismo-leninismo » , chiarisce Manuel Rodrigues, direttore dell’Avante!, organo ufficiale dei comunisti. I loro compagni francesi, italiani e spagnoli negli anni 70 abbracciarono l’eurocomunismo; nel 1991 il collega angolano del Pcp, l’Mpla, passò all’Internazionale socialista di Soares e González. «Ogni partito fratello deve adottare le armi migliori per confrontarsi con le realtà del suo Paese», afferma Rodrigues.
L’Avante! arriva tutte le settimane nelle edicole con una tiratura media di 14.000 esemplari, una cifra invidiabile per la maggior parte delle pubblicazioni portoghesi. Dal 1931, l’anno in cui fu fondato, è sempre stato pubblicato e nonostante i 40 anni di dittatura è sempre stato stampato nel Paese, caso unico al mondo. « Ora veniamo da quattro decenni di politiche di destra e siamo dominati ancora una volta da gruppi monopolistici imperialisti » , avverte il direttore, nonostante il suo partito appoggi il Governo socialista.
Il Pcp ebbe il suo momento migliore nel 1975, alle prime elezioni libere dopo la Rivoluzione dei Garofani, quando conquistò il 12,4% dei voti. La recente festa del partito, su terreni di sua proprietà, acquisiti tramite una colletta popolare, certifica che anche ora non se la passa male. Oggi il Pcp ha quattro punti in meno ( 8,25 per cento) rispetto a 43 anni fa. I suoi 15 seggi nell’Assemblea della Repubblica sono gli stessi che nel 1991. Alle ultime Europee ha avuto più voti ( il 12,6%) che in quelle del 1987. Alle comunali sfiora il 10%, sette punti in meno che nel 1976, e può contare su 24 sindaci contro i 37 di 40 anni fa. Se i tempi stanno cambiando, per il Pcp si può dire che cambiano poco. « È un caso peculiare, come quelli di Cipro, Grecia e Finlandia » , spiega José Pacheco Pereira, storico, ex deputato e saggista.
Come sono riusciti i comunisti portoghesi a restare in sella? La forza del Pcp si concentra nella cintura industriale di Lisbona e nel mondo rurale dell’Alentejo, la vasta regione nel centro-sud. «Álvaro Cunhal — segretario generale dal 1961 al 1992 — capì che se avesse seguito la strada degli altri avrebbe perso il predominio in quei settori senza guadagnare nulla nei nuovi, in particolare servizi, banche o giovani. Con il sindacato Cgtp è riuscito a ritardare i cambiamenti nell’industria e con il controllo dell’impiego rurale è riuscito a trincerarsi nell’Alentejo », dice Pacheco Pereira.
Non che in questi anni non ci abbia provato nessuno a prendersi lo spazio del Pcp. Nel 1999 la nascita del Blocco di sinistra, che metteva insieme ex comunisti e gruppuscoli marxisti, spinse a preconizzare, una volta di più, la morte del Pcp. Contribuiva ad avvalorare la previsione il fatto che il Blocco disponesse di volti più giovani, un marketing migliore e un discorso maggiormente in linea con i tempi, più femminista e più urbano. I comunisti rivendicarono i fondamentali ideologici e la tradizione. A differenza dei bloquistas, il Pcp è a favore degli spettacoli taurini, contro l’utero in affitto e contro l’eutanasia. In Europa, ha votato assieme alla destra più destra contro le sanzioni all’Ungheria di Orbán, perché non gli piacciono le ingerenze dell’Unione europea in un Paese sovrano ( i comunisti portoghesi non hanno mai condannato l’invasione sovietica della Cecoslovacchia).
Questo orientamento non fa breccia nell’elettorato comunista. Dopo due decenni che si contendono la stessa fetta di torta, il Blocco ha due punti in più alle politiche, ma il Pcp è avanti alle Europee ( di otto punti) e alle comunali ( di sei). « Al Blocco mancano due cose del Pcp», afferma Pacheco Pereira. «La base locale e i sindacati. Vent’anni dopo la sua nascita continua a non averli e alla fine riesce a grattare via voti più ai socialisti che ai comunisti. In ogni caso, l’incontestabile processo di decadenza del Pcp passa per l’invecchiamento del suo elettorato rurale e per la perdita di forza dei suoi sindacati». Però la morte annunciata è stata già posticipata varie volte.