venerdì 5 ottobre 2018

Repubblica 5.10.18
Ma il negoziato su Gaza è bloccato e Israele rafforza l’esercito al confine
di Vincenzo Nigro


L’Egitto tenta una difficile mediazione. E resta da risolvere il nodo del rientro dell’Anp nella Striscia
Nelle ultime settimane di questa che verrà ricordata come “ l’estate degli aquiloni”, una tregua, una “ hudna” fra Israele e Hamas a Gaza era sembrata finalmente a portata di mano. Non è così, e forse non sarà così per molto tempo ancora. Ieri il portavoce dell’esercito israeliano ha detto che il capo di stato maggiore Gadi Eizenkot ha preso una decisione non più rinviabile: l’esercito schiererà altre truppe ai confini di Gaza. Per fermare gli aquiloni che incendiano i campi, per fermare le incursioni, i razzi, i nuovi possibili attentati. « Bisogna sventare operazioni terroristiche e impedire infiltrazioni in Israele dall’area della barriera di sicurezza, l’organizzazione terroristica di Hamas ha la responsabilità per tutto ciò che accade nella Striscia », dice l’esercito di Israele.
Da maggio Hamas ha messo il suo cappello politico sulla “ Grande Marcia del Ritorno”: migliaia di cittadini di Gaza si sono affollati ogni venerdì alla barriera con Israele per protestare, incendiare copertoni, lanciare aquiloni esplosivi ma anche razzi e bombe verso Israele. Insomma per mantenere alta la pressione su Israele che tiene sotto assedio la Striscia.
Per tutta l’estate questo negoziato segreto ma raccontato di continuo sui giornali è andato avanti fra Israele e Hamas con la mediazione dei servizi di sicurezza egiziani e del Qatar. Lo scopo di Hamas è quello di riuscire ad avere da Israele l’ossigeno necessario per governare la Striscia, far uscire la sua popolazione dalle condizioni di emergenza umanitaria in cui Gaza vive ormai da mesi. Israele ha interesse a una tregua per indurre Hamas a sospendere lo stillicidio di manifestazioni, il lancio di razzi e aquiloni incendiari che rendono furiosa la popolazione israeliana nel Sud, furiosa innanzitutto con il governo di Gerusalemme.
Israele non ha nessun interesse a riconoscere alcunché ad Hamas, che continua a classificare semplicemente come “movimento terroristico”. Non vuole cedere o concedere nulla a un movimento che utilizzando la lotta armata oltre che l’azione politica potrebbe sbandierare un allentamento della pressione su Gaza come una vittoria. Ma un negoziato mediato dall’Egitto che portasse appunto a una “hudna”, una tregua lunga il più possibile, è un male minore rispetto a una situazione di continua tensione ai confini.
Ieri dopo le anticipazioni dell’intervista di Yahya Sinwar in cui il capo di Hamas conferma l’interesse a una tregua, il premier Bibi Netanyahu ha rivolto la sua attenzione a Mahmoud Abbas. Oltre all’assedio militare di Israele, Hamas nella Striscia è colpita dalle sanzioni politiche ed economiche dell’Autorità Palestinese. Dopo aver espulso Fatah con la violenza dalla Striscia, Hamas adesso tratta con Abu Mazen. Ma l’Anp non riesce ancora a rientrare a Gaza, e per questo non vuole che Hamas abbia successo nel negoziato con Israele. Riconoscendo la supremazia politica dell’Autorità Palestinese anche nella Striscia, Hamas riuscirebbe a ottenere forniture di acqua, elettricità, di medicine e di altri beni di prima necessità che oggi Israele, l’Egitto e la Anp fanno arrivare con il contagocce.
Un blocco economico che ha reso le condizioni di vita nella Striscia insopportabili. Ma evidentemente Hamas non ha ancora intenzione di negoziare fino in fondo una condivisione del potere politico con l’Anp. Non ha intenzione di riconoscere nulla, neppure il diritto all’esistenza del nemico Israele. E l’assedio continua.