Repubblica 30.10.18
La lunga strada verso la pace
Statue e tesori, rinasce il Museo di Damasco
di Paolo Matthiae
Le
Autorità archeologiche siriane, che negli anni peggiori della crisi
hanno messo in salvo trasportandoli in luoghi sicuri con convogli
blindati oltre 300.000 reperti archeologici conservati nei Musei
provinciali, da Raqqa a Deir ez-Zor, da Hama a Homs ad Aleppo, hanno
deciso di riaprire al pubblico il Museo nazionale di Damasco, che era
stato chiuso nel 2012, riportando nella sede naturale un primo ampio
nucleo di oggetti esposti, soprattutto dell’età romana imperiale. La
riapertura è un segnale importante di avvio della riconciliazione
nazionale, perché la cultura, come proclamato dalla Convenzione fondante
dell’Unesco di Londra del novembre 1945, ha il suo fondamento nel
dialogo e il dialogo è la via maestra verso la pace.
Il Museo
nazionale di Damasco, tra i maggiori musei d’Oriente, si è sempre
distinto sia per l’unicità delle sue collezioni di reperti archeologici,
fortemente rappresentativi di tutti i periodi della millenaria storia
della Siria, sia per l’originalità della sua struttura architettonica
immersa in un’ampia area verde dominata dall’imponente ricostruzione
della facciata del palazzo umayyade di Qasr el-Heir el-Gharbi. Fu
progettato negli anni Trenta del secolo scorso per ospitare i reperti di
scavi derivanti dai ritrovamenti sensazionali delle missioni francesi a
Ugarit sul Mediterraneo e a Mari sull’Eufrate che illuminarono ogni
aspetto di civiltà dell’antico Oriente fiorite soprattutto tra gli inizi
del III e la fine del II millennio a.C, delle spedizioni internazionali
attive in centri prestigiosi d’epoca romana, come Palmira, Apamea e
Dura Europos e dei lavori condotti in desolati luoghi desertici dove i
Califfi umayyadi avevano eretto gli allora enigmatici castelli del
deserto della prima e più gloriosa età islamica,nel VII e VIII secolo.
Il
Museo damasceno ha poi conosciuto negli ultimi trenta anni del
Novecento e nella prima decade del nostro secolo un forte ampliamento
delle sue collezioni per il notevolissimo incremento delle attività
archeologiche in Siria con oltre 130 missioni nazionali siriane,
internazionali e congiunte, dovuto alla generosa e aperta politica
culturale delle Autorità siriane: le scoperte di Ebla, di Qatna, di
Aleppo, di Urkish, per non citare che le maggiori, hanno segnato
profondamente l’archeologia orientale di quegli anni, apportando una
massa di nuovi dati e aprendo inattese problematiche storiche.
La
singolare varietà delle opere ospitate nel Museo è un riflesso della
straordinaria stratificazione culturale che caratterizza la storia di un
Paese considerato non a torto in tutto il corso della sua storia il più
significativo ponte tra Oriente e Occidente: dall’austera statuaria
protodinastica di Mari della metà del III millennio a.C. ai tesori
epigrafici di Ebla degli stessi decenni, agli squisiti avori
mediosiriani di Ugarit del XIII secolo a.C., fino alla spettacolare
ricostruzione della Sinagoga di Dura Europos del III secolo d.C.
con le pitture originali che costituiscono uno straordinario repertorio figurativo delle storie dell’Antico Testamento.
Quando,
dopo lo scoppio della crisi politica e il prolungarsi della guerra
civile, nel 2012 i responsabili della Direzione delle Antichità di
Damasco furono indotti a chiudere il Museo per porre al sicuro i suoi
tesori, erano i tempi più cupi per il patrimonio culturale della Siria e
il provvedimento parve necessario. Palmira divenne la città martire
della barbarie dell’Isis che, in nome di un’ideologia fondamentalista e
totalitaria, compì efferate distruzioni, come quelle dei templi di
Baalshamin e di Bel, di parte della via colonnata, del teatro e di
diverse torri funerarie della Valle delle tombe della splendida regina
del deserto: "crimini di guerra contro l’umanità" fu la perentoria
condanna della direttrice generale dell’Unesco Irina Bokova. L’assenza
di controllo del territorio da parte di forze dell’ordine per estese
regioni della Siria fece disastrosamente moltiplicare gli scavi
clandestini in molti dei maggiori siti archeologici del Paese.
La
disfatta, anche se non ancora l’eliminazione completa, dell’Isis negli
ultimi mesi sta avviando un recupero della normalità e l’inizio di un
processo politico di pacificazione nazionale, che renda al popolo
siriano la pace cui ha diritto e che merita.