Il Fatto 30.10.18
Il Codice Da Vinci ricomposto. In 7
mila lastre le frasi perdute Fino al 20 gennaio 2019, per il 500° dalla
morte, gli Uffizi espongono le 72 pagine Leicester sull’acqua. Il
curatore Galluzzi: “Le parti ritrovate potrebbero essere
rivoluzionarie”
Tra ostacoli e battesimi – Nel Codice
Leicester i disegni di macchine elevatrici e impianti di scavo e gli
studi sulle deviazioni dell’acqua tra gli oggetti
di Alessia Grossi
Settemila
lastre fotografiche dei primi del 900 che permetteranno nei prossimi
anni di completare alcune frasi, disegni o parole di Leonardo da Vinci
sfumate dai suoi quaderni. Perché non solo le brutte, ma, a volte, anche
le belle notizie non vengono da sole. Con l’arrivo del Codice Leicester
alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, da oggi visibile al pubblico, è
giunta anche la riprova che nelle fotografie custodite dal Museo Galileo
ci fossero i pezzi mancanti di quello stesso Codice, portati via dal
tempo, la luce e l’usura. Ma – chissà – “destinati a diventare strumenti
fondamentali della ricerca sul genio di Vinci”, come spera entusiasta
Paolo Galluzzi, direttore del Museo Galileo nonché curatore della mostra
che resterà agli Uffizi fino al 20 gennaio come primo appuntamento del
500° anniversario dalla morte di Leonardo (Vinci 15 aprile 1452-2 maggio
1519). È l’acqua che move il Sol e l’altre stelle… Ma prima delle
lastre fotografiche viene il Codice, in 18 bifogli quasi tutti dedicati
all’acqua. “Microscopio della natura” come recita il titolo
dell’esposizione progettata dal direttore degli Uffizi, Eike Schmidt e
da Galluzzi. Settantadue pagine giunte direttamente dal caveau di Bill
Gates che nel 1994 le comprò per 30 milioni di euro. Sulle pagine
autografe esposte vergate quasi interamente da destra verso sinistra e
leggibili dai visitatori attraverso i Codescope, schermi interattivi da
cui è possibile anche sfogliarle e zoomare sui dettagli, il mancino
Leonardo appuntò ogni teoria e studio sull’elemento che quasi più
dell’aria lo affascinava: l’acqua. Era il tempo della Firenze che
Benvenuto Cellini ribattezzò “La Scuola del Mondo”. Qui, tra il 1504 e
il 1508 Leonardo si dedica a studi di anatomia presso l’Ospedale di
Santa Maria Nuova; cerca di far volare l’uomo; fallisce nell’impresa di
dipingere il murale La battaglia di Anghiari a Palazzo Vecchio. E
soprattutto, studia la rottura degli argini dell’acqua dell’Arno –
grande protagonista del Codice –; dà vita alla teoria che accomuna il
flusso dei fiumi a quello sanguigno e al percorso dell’aria nei polmoni;
il moto ondoso dei mari – che Leonardo disegna a margine dei fogli come
opera d’arte –; lo studio delle gocce d’acqua e le bolle di sapone.
Fino al progetto avveniristico del canale navigabile sull’Arno, per
realizzare il quale addirittura inventa un modo per rendere fattibili
gli scavi della collina: il metodo lanterna. È lui stesso a fare i
rilievi di notte. Abbiamo le prove. Il sindaco attuale di Firenze, Dario
Nardella, presente all’inaugurazione prende appunti. Non si sa mai.
Il primo uomo che vide la Luna e non il dito Tra le riproduzioni anche
in 3D delle scoperte di Leonardo, quella sulla Luna che confuta la
teoria del suo tempo secondo cui il satellite sarebbe una superficie di
cristallo. Se così fosse, il Sole in lei si specchierebbe sempre come un
puntino nero. Ma così non è, la superficie lunare sarà non disomogenea?
Già, Leonardo aveva scoperto anche la Luna. Diluvio e altre credenze:
ironia di una Genesi “Si definiva modestamente ‘omo sanza lettere’, ma
non era così: nella sua biblioteca c’erano classici, sia filosofici che
scientifici, 200 libri. Da Platone a Archimede, a Dante Alighieri”,
spiega il direttore Galluzzi. “Ma soprattutto dal Codice emerge che non
accettava mai il sapere in modo passivo. Si fa beffe delle credenze del
suo tempo, anche di quelle religiose. Del Diluvio universale scrive:
‘L’acqua coprì la Terra, così dice chi la misurò’”, racconta ancora
Galluzzi. Quanto è scientifica questa pittura “Questa non sarà l’unica
mostra per la ricorrenza leonardesca – commenta il direttore Schimdt –
ma qui è possibile passare dallo studio degli ostacoli che cambiano il
verso dell’acqua, alla sua traduzione in arte nelle caviglie di Giovanni
Battista ritratte nel Battesimo di Cristo presente nella nuova sala di
Leonardo solo due piani sopra”. Perché non c’è bisogno di chiedere
indietro la Gioconda – oltretutto “intrasportabile senza che si rischi
di rovinarla”, come spiega il direttore, per ricordare il triste giorno
in cui il genio morì e da allora mai nessuno lo superò.