martedì 30 ottobre 2018

Il Fatto 30.10.18
Putin, caccia grossa. Ai teenager
I ribelli di Telegram - Accusati di terrorismo. I genitori in piazza: arrivano vicino all’ex Kgb
di Michela A. G. Iaccarino


In mano tenevano i peluche e hanno continuato a mostrarli alle telecamere mentre le manette venivano strette intorno ai loro polsi dalle divise. I genitori dei ragazzini “membri di gruppi estremisti” virtuali, arrestati e sotto processo per “terrorismo online”, hanno deciso di scendere in piazza in sette città della Federazione, da Mosca fino alla Siberia. Sessantotto gli arresti a Pietroburgo e nella Capitale, dove i manifestanti si sono radunati dove quasi mai nessuno ha il coraggio di protestare: alla Lubyanka, acconto alla sede dell’FSB, servizi di sicurezza russi.

Padri e madri dei ragazzini arrestati l’hanno chiamata azione za nashich i vashich detej, per i nostri e vostri figli, “per la generazione futura”. La storia riguarda soprattutto due ragazzine che amavano sognare la rivoluzione tenendo tra le dita lo smartphone. La loro battaglia “per sovvertire il potere russo” puzzava di patatine fritte e hamburger: la progettavano nei McDonald’s. Brevi e fugaci incontri. Tutto il resto del tempo si scambiavano idee solo su una chat Telegram che si chiamava Novoe Velichie, nuova grandezza. Il gruppo sulla chat era stato fondato nel 2017 dalla studentessa di veterinaria, Maria Dubovik, 19 anni. In breve tempo diventano 100 i membri, quasi tutti minorenni: parlano di Cremlino, sogni di giustizia e molotov. Hanno l’ardore e l’ingenuità dell’adolescenza, quei progetti rimangono virtuali. Più che ipotetici: quasi irreali, ma questo non gli risparmierà l’accusa di terrorismo. Per i minorenni scattano le perquisizioni, gli arresti per i maggiorenni. “Giocava ancora con le bambole, è solo una bambina”, ha detto il padre di Anna Pavlikova, 18 anni. Ma se Anna e Maria sono terroriste da condannare a decenni di carcere o adolescenti a cui perdonare qualche messaggio sul cellulare lo deciderà la Corte nei prossimi mesi. Troll e hacker russi interferiscono su social e web oltreoceano, ma a Mosca il controllo della rete digitale patria rimane serrato, soprattutto dopo la nuova legislazione emanata lo scorso luglio. Sembra che sia lo stesso Putin a pensare di decriminalizzare l’estremismo online. E poi c’è un dubbio. C’era un certo Ruslan D. nella chat e “incitava sempre a passare all’azione”: per gli avvocati difensori, sarebbe un provocatore governativo infiltrato che ha incastrato i ragazzini. Ora è scomparso: nessuno lo trova e, a differenza degli altri, nessuno lo cerca.