Repubblica 29.10.18
L’analisi
Disuguaglianze e rancore
di Chiara Saraceno
La
buona notizia è che le disuguaglianze economiche tra Paesi sviluppati e
in via di sviluppo si sono ridotte, anche se i livelli di vita medi
rimangono molto distanti. La cattiva notizia è che in molti Paesi sono
aumentate le disuguaglianze interne, in termini sia relativi sia
assoluti e si sono contratte le possibilità di mobilità sociale
ascendente da una generazione all’altra e nel corso della vita. I due
fenomeni sono in parte connessi, nella misura in cui la globalizzazione
ha consentito ai mercati, e ai lavoratori, dei Paesi in via di sviluppo
di competere con quelli dei Paesi sviluppati. Ma le ragioni dell’aumento
della disuguaglianza in questi ultimi è anche dovuto ad altri fattori,
di cui si è discusso in un convegno organizzato nei giorni scorsi dalla
Scuola Normale Superiore a Firenze. In particolare, accanto alle
trasformazioni tecnologiche che hanno reso obsoleti alcuni lavori, ma
hanno anche creato nuovi lavoratori "squalificati" e insieme
individualizzati ( i lavoratori delle piattaforme tecnologiche), non
vanno ignorati la perdita di potere contrattuale dei lavoratori e ciò
che qualcuno ha chiamato "capitalismo oligarchico": la concentrazione
della ricchezza, del reddito e del potere tra coloro che sono collocati
nel quintile più ricco e in particolare nell’1 per cento più ricco. È
avvenuto anche nel Paese un tempo più egualitario, la Svezia, che ora è
diventato simile alla media europea per quanto riguarda le
disuguaglianze di reddito, ma il più diseguale per quanto riguarda la
ricchezza, con l’1% più ricco che detiene il 42% di tutta la ricchezza.
Questa
concentrazione di ricchezza e reddito ha effetti negativi sulla
mobilità sociale, indebolendo il ruolo dell’istruzione nel determinare
le capacità di reddito. Conta la famiglia cui si appartiene. E la
disuguaglianza è trasmessa da una generazione all’altra. Sia i pavimenti
sia i soffitti sono " appiccicaticci", per utilizzare una espressione
del rapporto Ocse, A broken social elevator: da una generazione
all’altra è difficile mutare il livello di istruzione sia in basso sia
in alto. Anche a parità di istruzione, tuttavia, conta moltissimo la
famiglia da cui si proviene. L’Italia è uno dei Paesi in cui questo è
più evidente: il 50% del reddito di un uomo adulto è spiegabile con il
reddito che aveva suo padre. È anche uno dei Paesi in cui vi è una forte
concentrazione territoriale di condizioni di vulnerabilità economica.
Povertà, salari molto bassi, lavoratori con contratti a tempo
determinato sono fortemente concentrati nelle regioni del Mezzogiorno.
Le stesse dove alle ultime elezioni si è concentrato il voto per il M5S,
a fronte della sistematica sottovalutazione di questa situazione da
parte dei partiti tradizionali, incluso il Pd, e anche dei sindacati.
Sul
fatto che la crescente disuguaglianza e la concentrazione della
ricchezza poco o nulla abbiano a che fare con il merito e presentino
rischi per la democrazia il consenso è ampio. Più problematico appare il
che fare, non solo sul piano delle politiche economiche, ma su quello
della politica in senso stretto.
La combinazione di disuguaglianza
crescente, disattenzione, quando non responsabilità diretta per la
stessa da parte della politica, indebolimento delle forme di
organizzazione e identità collettive, hanno prodotto rancore più che
coscienza di classe, per utilizzare un termine forse obsoleto. È il
terreno fertile per i movimenti di tutti i tipi, ma anche del populismo,
con la sua ricerca di capri espiatori e il rifiuto delle mediazioni.
Certo è che ignorare l’insopportabilità della disuguaglianza e il
rancore che cova in chi se ne sente vittima apre crepe devastanti nella
legittimità stessa di un regime che si vuole democratico.