lunedì 29 ottobre 2018

Repubblica 29.10.18
La solitudine di Desirée "Stava morendo e siamo scappati"
La ragazza di San Lorenzo tradita da tutti anche dalle donne che frequentavano il palazzo "Avevamo paura che la polizia accusasse noi"
di Maria Elena Vincenzi


Roma. Era sola Desy, come si faceva chiamare lì, nel palazzo di via dei Lucani dove è morta. Sola e indifesa. Conoscenti ne aveva tanti, compagni di droga. Amici nessuno. « Si approcciava in maniera troppo insistente e confidenziale con qualsiasi persona potesse offrirle stupefacente » , ha raccontato Muriel, congolese 34enne frequentatrice dell’immobile abbandonato di San Lorenzo. Un posto, raccontano le carte, dove alcuni addirittura passavano la notte. Era successo anche a Desirée Mariottini di dormire lì. Su quei materassi fetidi buttati per terra.
Mentre gli inquirenti stanno ancora cercando altri aguzzini, due sicuramente, oltre al " Marco" di cui parlano tanti testimoni che avrebbe dato alla sedicenne il mix di psicofarmaci che l’ha stroncata, emergono altri dettagli terribili su quella notte. A raccontare agli agenti della squadra mobile, coordinati dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal sostituto Stefano Pizza, le ultime ore della ragazza sono in molti. Di gente ne passava parecchia in via dei Lucani.
Qualcuno ci aveva persino provato a mettere in guardia Desirée, a dirle che era troppo piccola per stare lì. Aveva tentato Muriel, congolese: « La seconda volta che l’ho rivista era in compagnia di una ragazza di colore che conosco con il nome di "Antonella". Entrambe assumevano crack attraverso un inalatore artigianale, la "bottiglia". Le ho redarguite entrambe, ma hanno continuato senza curarsene». A dirle che era meglio tenersi alla larga da via dei Lucani era stato anche un senzatetto romeno che si definisce suo amico: « Una volta ci siamo andati insieme, in quell’occasione le dicevo di non andare mai più da sola in quel posto perché era chiaramente pericoloso » . Così anche Giovanna, 32 anni, napoletana: « Fin dal primo giorno compresi che era minorenne, mi disse che avrebbe compiuto presto 18 anni. La sua mi sembrò una presenza strana e inopportuna, in quanto, oltre che essere minorenne, era fuori da quel contesto, depressa e sempre alla ricerca di una dose. Più volte ho cercato di dissuaderla, non tanto dal drogarsi, quanto dal frequentare quello stabile in disuso perché frequentato da tossici e spacciatori pericolosi».
Consigli che Desirée non ha ascoltato. E così nella notte tra il 18 e il 19 ottobre in quel maledetto immobile ha perso la vita. Sola come ci era entrata. Nell’indifferenza di quei conoscenti che l’hanno drogata, violentata per poi affrettarsi a sparire nel nulla. « Intorno alle 18, svegliandomi — racconta un testimone ghanese di 35 anni — notavo che all’interno del complesso erano presenti ancora Youssef ( Salia, uno dei fermati), Sisco ( l’arrestato Chima Alinno), Ibrahim (Brian Minteh), Antonella nonché Muriel, ma Desirée non era a vista. Solo dopo alcuni minuti sentivo Muriel chiedere a tutti perché la ragazza fosse nuda, temendo che l’avessero violentata. La stessa, poi, la rivestiva. Solo a quel punto mi affacciavo alla porta del container vedendo che Desirée era sul materasso su cui alcune ore prima l’avevo vista fare sesso con Youssef. Ma appariva incosciente, come profondamente ubriaca. Quindi aiutavo Youssef, Ibrahim e Muriel a portarla fuori dal container ponendola sul pavimento e esortavo tutti a chiamare l’ambulanza, in quanto temevo che si trattasse di overdose. Però Youssef mi bloccava dicendomi che la ragazza stava bene. Ciononostante uscivo su via dei Lucani per cercare qualcuno con un cellulare per chiedere aiuto ma non trovavo nessuno». Il racconto dell’uomo arriva poi alle due di notte quando « mentre parlavo con Giovanna, si avvicinava Ibrahim che, piangendo, ci diceva che Desirée era morta. Io e Giovanna, avvicinandoci a lei, ci accorgevamo che non respirava… Io mi arrabbiavo con Youssef dicendo che, se avessimo chiamato l’ambulanza, la ragazza si sarebbe salvata. Nonostante le mie parole, Youssef, evidentemente agitato e preoccupato, prendeva i suoi vestiti, li metteva nello zaino e si allontanava. Verso le 3 tutti i presenti, ossia Ibrahim, Sisco, Muriel e Giovanna, oltre a me, si allontanavano dall’edificio temendo che la polizia potesse ritenerci tutti responsabili della morte di Desy».