La Stampa 29.10.18
Caso Desirée,
“Morta perché nessuno ha chiamato il 118”
di Grazia Longo
Poteva
essere salvata, ma nessuno ha chiamato i soccorsi quando l’ha vista
«nuda in una condizione di completa incoscienza» e dopo quasi tre ore
Desirée Mariottini è morta.
Omissione di soccorso o, peggio
ancora, favoreggiamento è il reato che potrebbe essere presto contestato
a 6 tossicodipendenti presenti nella casa fatiscente a San Lorenzo dove
la sedicenne di Cisterna di Latina è stata drogata, violentata e
uccisa. Già alle 17.30 del 18 ottobre Asumadu, uno dei testimoni che
accusano il branco dei 4 africani arrestati, come si legge nel verbale
di assunzione informazioni «aveva sollecitato gli astanti, dopo aver
tentato di rianimarla, a richiedere l’intervento di un’ambulanza».
E
il bulgaro Radev a verbale dichiara che «alle 20, quando era stata
spostata dal container e messa nella casa, dopo altri 20 minuti la
toccavo e la sentivo fredda». Eppure il 118 viene allertato solo all’una
della notte. Perché tutto questo ritardo? Per paura dei 4 africani o
perché il silenzio era stato «comprato con dosi di sostanze
stupefacenti»? Proseguono quindi le indagini della Squadra mobile,
coordinate dal pm Stefano Pizza e l’aggiunto Maria Monteleone.
Anche
per individuare l’italiano, noto come Marco, che avrebbe ceduto le
gocce di psicofarmaco usate nel cocktail letale di droga. Desirée aveva
nella tasca dei pantaloni un flaconcino mezzo vuoto di Tranquillit e
resta da chiarire se l’ha ricevuto direttamente da Marco o dagli
extracomunitari. Che l’hanno volutamente stordita per poter abusare di
lei. Una testimone, come si legge nell’ordinanza del gip Maria Paola
Tomaselli racconta che a «Desirée era stato somministrato un mix di
gocce, metadone, tranquillanti e pasticche da coloro che l’avevano
stuprata e che questi l’avevano indotta ad assumere tali sostanze
facendole credere che si trattasse solo di metadone». Radev racconta
inoltre che «un mese fa ho conosciuto Desirée alla stazione Termini e
poi siamo andati insieme in via Lucani. Marco non gli ha dato il
metadone. È alto 1,85, sulla trentina, fuma anche lui. L’ultima volta
che l’ho visto lì dentro era qualche giorno prima della sua morte. Ho
visto lì dentro anche dei napoletani che compravano 500 euro di
cocaina».
Intanto Barbara Mariottini, 31 anni, madre della
ragazzina, assistita dall’avvocato di parte civile Valerio Masci, è
devastata dalla disperazione: «Durante le medie la mia Desi è stata in
cura da uno psicologo privato perché la bullizzavano chiamandola “la
zoppetta”. Ce l’ho portata anche prima dell’estate ma mi aveva detto di
stare tranquilla. “Andatevi a fare un viaggio insieme” mi disse. Ma non
lo potrò fare mai più».