Repubblica 25.10.18
Riad e il giornalista ucciso
Un assassinio che ricorda Matteotti
di Alexander Stille
L’interrogativo
ricorrente nei giorni successivi all’omicidio di Jamal Khashoggi
compiuto a Istanbul da agenti sauditi riguarda il principe Mohammed Bin
Salman: con quale brutalità ha autorizzato un atto così orribile in
maniera tanto rozza e spudorata? La risposta a mio avviso è che le
dittature sono di per sé ottuse. I dittatori creano e abitano una bolla
di adulazione e impunità che, se costretti ad agire al di fuori di essa,
li conduce a enormi errori di valutazione. L’assassinio di Khashoggi
presenta sorprendenti analogie con quello dell’esponente socialista
Giacomo Matteotti per mano di squadristi fascisti agli ordini di Benito
Mussolini. Nel pomeriggio del 10 giugno 1924, a Roma, Matteotti fu
prelevato con la forza da un gruppo di fascisti e caricato su un’auto.
Due mesi dopo, il suo cadavere in decomposizione fu rinvenuto a una
ventina di chilometri di distanza. Poco prima di essere rapito,
Matteotti aveva denunciato in un appassionato discorso i brogli e le
violenze compiuti dai fascisti durante le elezioni parlamentari di due
mesi prima. L’assassinio di un illustre oppositore del fascismo
sconvolse l’Italia e il mondo intero. Prima della scomparsa e
dell’omicidio di Matteotti gli alleati democratici dell’Italia erano
stati disposti a credere che, nonostante l’ascesa violenta, Mussolini
intendesse rispettare le regole della democrazia parlamentare. Ma una
prima indagine relativamente indipendente collegò gli assassini
all’ufficio di Mussolini. Cesare Rossi, uno dei suoi più stretti
collaboratori, era a capo di ?eka Fascista, la polizia politica ispirata
alla ?eka, equivalente bolscevico del Kgb. Matteotti fu ucciso prima di
denunciare in Parlamento un episodio di corruzione legato alla
concessione petrolifera assegnata dal governo alla società americana
Sinclair Oil. Mussolini ottenne che l’indagine fosse trasferita a
investigatori più collaborativi, i quali conclusero che si era trattato
di omicidio preterintenzionale. Col passare del tempo, complici
l’esitazione della classe politica italiana, il tornaconto dei governi
stranieri e la connivenza della stampa internazionale, Mussolini riuscì a
sopravvivere. Rossi fuggì a Parigi e, per non diventare il capro
espiatorio dell’omicidio Matteotti, offrì al New York Times documenti
che provavano il coinvolgimento di Mussolini. Ma il giornale rifiutò
l’offerta, sia perché Rossi chiedeva in cambio 15.000 dollari, sia
perché i giornalisti erano restii ad accettare l’idea che Mussolini si
fosse macchiato di un omicidio politico. Rossi raggiunse un accordo con
il New York World, e il giornalista Arnaldo Cortesi, sostenitore del
fascismo, scrisse per il New York Times un lungo articolo mirato a
scagionare Mussolini e a screditare Rossi. Tutto questo può servire a
spiegare il motivo per cui i sauditi hanno avuto la tracotanza di
assassinare Khashoggi a Istanbul. Il Congresso americano e la stampa
globale devono evitare di ripetere gli errori commessi ai tempi del caso
Matteotti. Un giornalista di mezza età con la pancetta non si mette a
fare a cazzotti con 15 agenti sauditi e all’interrogatorio di un
dissidente politico non ci si portano dietro un anatomopatologo e una
sega chirurgica. La tesi secondo cui Khashoggi è stato ucciso
accidentalmente potrebbe essere confermata da un’autopsia. Il rifiuto
dei sauditi di consegnarne il cadavere equivale all’ammissione di
omicidio premeditato. © 2018 The New York Times Traduzione di Emilia
Benghi