giovedì 25 ottobre 2018

Repubblica 25.10.18
Il reportage
Nelle vie di Glasgow
Le nuove suffragette partono dalla Scozia
In sciopero da 48 ore, si battono per la parità di stipendi tra uomo e donna E promettono di dare battaglia dentro e fuori i confini nazionali
di Antonella Guerrera


GLASGOW Una cosa simile, Glasgow l’ha già vista un secolo fa. Nel 1914 l’opaca città scozzese divenne la più sovrappopolata del Regno Unito con 70mila arrivi in tre anni, dalle campagne verso le fabbriche. Non c’erano case a sufficienza. Allora i proprietari dei pochi alloggi decisero di approfittarne e gonfiare a dismisura i prezzi degli affitti. Ma visto che era tempo di guerra mondiale e molti uomini non potevano scioperare, ci pensarono le donne, che a quei tempi stavano a casa, a protestare contro gli sfratti. Si unirono, si opposero con ogni mezzo agli speculatori. Dopo mesi di battaglia, vinsero.
Vinceranno anche questa volta le donne di Glasgow? «Non lo sappiamo», ammette Vivienne Lamb, 67 anni, capelli bianchi e candidi intorno alla sciarpa e agli occhi azzurri, che picchetta al freddo l’ingresso della rossa Mitchell Library, la biblioteca dove lavora da anni come donna delle pulizie. Di fianco una ex chiesa diventata ristorante indiano. «Ma era l’unica opzione rimasta», aggiunge la compagna di protesta, Annette Thompson, sua supervisor di due anni più giovane, «Siamo discriminate da decenni. Ci siamo stufate».
Le donne di Glasgow hanno organizzato una delle proteste più grandi di sempre sull’equità salariale nel Regno Unito, imitate anche dalle donne islandesi.
L’hashtag #GlasgowWomenStrike ("sciopero delle donne di Glasgow") è stato in cima alle tendenze di Twitter per tutto il giorno oltre Manica. In quasi diecimila hanno partecipato a uno sciopero di 48 ore e a picchetti davanti a fabbriche, parcheggi, società di catering: chiusi tutti gli asili, tutte le scuole primarie e disagi ai servizi di istituzioni cittadine, scuole superiori, musei e centri commerciali. Perché a dire basta sono state le donne, spesso di mezza età, impiegate nei lavori peggio pagati, come badanti, assistenza a domicilio, addette alle pulizie e al catering. A loro, si sono uniti moltissimi uomini, soprattutto operatori ecologici, che ora rischiano una denuncia per interruzione di pubblico servizio. «Non potevamo fare altrimenti», spiega Aaron Blackman, 44 anni, che lavora al centro di cultura Glasgow Life, «anche se guadagniamo di più, sono le nostre mogli, figlie, sorelle. Come possiamo lasciarle sole?». Già. Non è una guerra tra poveri, vista anche la sincera solidarietà dei maschi, però la protesta è stata covata da una disparità tra sessi proprio nelle fasce più umili o con salari medio-bassi: le donne addette alle pulizie, catering, a badare vecchi e malati nelle loro case lamentano di guadagnare fino a 3 euro l’ora in meno rispetto agli uomini nettubini. La rabbia degli ultimi giorni nasce da una legge di 12 anni fa. Al potere c’erano i laburisti che approvarono una normativa per appianare la discriminazione sessuale.
Paradossalmente, però, nonostante il leader laburista Corbyn ieri si sia schierato con le donne definendole "eroine silenziose", l’effetto è stato l’opposto, per varie ragioni.
Innanzitutto, il complicato sistema di bonus e ripartizioni favoriva per esempio i lavori con turni continuativi, come quelli dei netturbini (quasi tutti uomini), a discapito delle donne badanti o impiegate in mensa e pulizie che hanno orari più frastagliati e che impongono spostamenti non retribuiti. Inoltre, come compensazione dopo alcune sentenze, agli uomini sono state praticamente risarcite per anni le limature dei loro stipendi, mentre alle donne vengono pagate raramente le festività lavorate.
«Abbiamo vinto tante battaglie nel corso degli anni ma la leader del consiglio comunale Susan Aitken non ci sostiene», dice Shawna, 66 anni, che picchetta il parcheggio Cadogan in pieno centro, «nel frattempo molte compagne sono morte senza giustizia». La battaglia continua.
Per risarcire le donne di oltre dieci anni di discriminazioni salariali, servirebbero tra 500 milioni e un miliardo di pound.
Una cifra che affonderebbe le finanze di Glasgow. Qualche consigliere comunale ha già individuato immobili e asset da vendere. Altri hanno pensato di vendere il Cristo di San Juan de la Cruz, il capolavoro di Salvador Dalí conservato alla Kelvingrove Art Gallery. La leader Aitken avverte: «Tutto quello che volete, ma Dalí non si tocca».