Repubblica 25.10.18
La storia
Quando E.T. sbarcò nell’Urss di Iosif Stalin
Prolekult di Wu Ming, Einaudi
L’idea
del collettivo di scrittori è mettere insieme il bolscevismo e la
fantascienza, conditi di un pizzico di nostalgia trotzkista
di Wlodek Goldkorn
Nella
loro nuova saga distopica, "Proletkult", i Wu Ming ci trasportano nella
Russia post-rivoluzionaria del 1927. Intrecciando la figura realmente
esistita di Bogdanov, già rivale di Lenin, agli alieni: un viaggio
intorno al tema dell’utopia
Cominciamo dalla foto canonica: due signori giocano a scacchi, seduti l’uno di fronte all’altro.
L’uomo
a sinistra, elegante con la bombetta sulla testa è Vladimir Uljanov,
detto Lenin, capo dei bolscevichi. Il suo avversario è Aleksandr
Malinovskij, detto Bogdanov; medico, filosofo, scrittore, pioniere della
fantascienza; sognatore di un comunismo interplanetario, o se
preferiamo cosmico. Sullo sfondo, si vedono alcune persone, tra cui la
moglie di Bogdanov e seduto su una balaustra, Maxim Gorkij. La foto è
stata scattata a Capri, nel 1908, dove Gorkij appunto aveva preso in
affitto una villa, Villa Spinola, in cui ospitava i rivoluzionari suoi
amici e dove Bogdanov aveva fondato una scuola quadri del Partito.
C’è
un’altra foto dello stesso periodo e nello stesso luogo, ma che
raramente viene riprodotta; forse perché in quell’immagine Lenin è a
capo scoperto con la bocca spalancata, non si sa se urla o sbadiglia o
forse ride, comunque il futuro leader del comunismo mondiale ha qualcosa
di sguaiato, mentre Bogdanov è composto, elegante.
Bogdanov era
l’avversario di Lenin non solo in tenzoni scacchistiche negli ozi di
Capri, ma anche e prima di tutto nel Partito bolscevico; di più, fu
l’uomo da condannare in quanto deviante e deviazionista, a causa delle
sue idee filosofiche. Lenin gli dedicò uno dei suoi più celebri (e
pedanti) pamphlet, dall’impossibile titolo Materialismo ed
empiriocriticismo, di cui per fortuna si era persa la memoria, ma che fu
a lungo caposaldo dell’ortodossia comunista.
Chissà se i Wu Ming,
collettivo di scrittori di sinistra e radicali, hanno guardato quelle
foto mentre facevano resuscitare, come può accadere solo in un romanzo
di fantascienza, Aleksandr Bogdanov. Infatti, il medico scrittore torna
in vita nel romanzo Proletkult, in uscita con Einaudi Stile libero; e
risulta simpatico, generoso, onesto (un medico umanista alla Cechov).
Bogdanov, nel libro, è pure un uomo che, contro il trionfante e cupo
realismo di una Rivoluzione compiuta e in mano a Stalin, difende la
memoria sconfitta dell’utopia e anche la dignità della sconfitta. Ma
procediamo con ordine.
Il romanzo è ambientato a Mosca, nell’autunno 1927.
Siamo alla viglia del decimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre.
L’opposizione,
capeggiata da Lev Trotzkij, è oggetto di persecuzioni; gli
intellettuali che avevano organizzato la Rivoluzione, sono tristi e
impauriti. Uno di questi è Anatolij Lunacarskij, critico letterario
importante e bolscevico non proprio ortodosso (anche lui criticato
assieme a Bogdanov da Lenin) e fondatore di Proletkult, la parola che dà
il nome al libro.
Proletkult era un’associazione culturale che
avrebbe dovuto introdurre e favorire una cultura genuinamente proletaria
e di massa. Dopo varie vicissitudini venne sciolta da Stalin nel 1932.
Ecco,
in questa Mosca grigia e tetra Bogdanov incontra una ragazza, diafana,
un po’ androgina, ignara degli usi e costumi sovietici. Lui, da medico,
si occupa della trasfusione del sangue; nella sua clinica scambia i
fluidi dei corpi di diverse persone; questa pratica serve a far
progredire la scienza, ma è anche uno strumento per rendere tutti gli
umani fratelli e sorelle, consanguinei, appunto. Infine, il medico è
anche l’autore di un romanzo, Stella Rossa, dove si parla di un astro su
cui vige il comunismo. Le vicende delle clinica e del romanzo, sono
vere. I Wu Ming hanno solo inventato la ragazza, che, si scopre
leggendo, viene proprio dal pianeta raccontato da Bogdanov.
La
giovane è alla ricerca di suo padre, convinta che stia a Mosca. Il
medico scrittore, le dà una mano; e così gli autori ci raccontano la
capitale sovietica nel 1927, in un momento storico in cui Stalin si
sbarazza (per ora politicamente, li farà uccidere qualche anno dopo,
assieme a milioni di cittadini) dei suoi oppositori. Ma oltre a questo,
per Bogdanov, un uomo ai margini della grande Storia, l’incontro con la
ragazza è una specie di dispositivo che mette in moto la sua memoria.
Così, lo scienziato ricorda la rapina a mano armata, compiuta da Stalin
in Georgia, nel 1907, con un bottino di milioni di rubli che entrarono
nelle casse dei bolscevichi. Ma torna nella mente di Bogdanov anche la
vita in comune e in esilio dei rivoluzionari; e le partite a scacchi a
Capri. Nel romanzo, Bogdanov va a trovare alcuni dei suoi compagni ora
funzionari di ministeri e del partito a Mosca; sono rassegnati; cercano
di adattarsi a una vita senza altro scopo che sopravvivere. E per la
cronaca, il vero Bogdanov morì nel 1928, nella sua clinica, a causa di
una trasfusione, ma c’è chi dice che si sia trattato di un suicidio.
È
stata una bella idea, quella dei Wu Ming, di mettere insieme il
bolscevismo e la fantascienza, conditi da un pizzico di nostalgia che
potremmo definire trotzkista.
Quel terremoto nella storia
dell’Europa che fu la Rivoluzione, è stato anche il risultato di uno
straordinario fermento culturale verificatosi in una Russia ancora
rurale, in parte comunitaria e comunque zarista alle prese con la
modernità capitalista, tra la fine dell’Ottocento e i primi del
Novecento. In quella Russia nascevano varie utopie; comprese quelle del
comunismo su scala cosmica; operava lo scienziato e ingegnere Konstantin
Ciolkovskij, che oltre 120 anni fa, progettava razzi e ascensori
cosmici. Figli di Ciolkovskij sono gli scrittori e registi che hanno, in
questi ultimi decenni, indagato le utopie avveniristiche (e spesso
distopie), dai fratelli Strugackij a Tarkovskij e German, ma era suo
figlio ideale pure Gagarin, il primo cosmonauta al mondo.
Ecco, un
merito di Proletkult, è che leggendolo ci accorgiamo quanto in questi
tempi dell’eterno presente, abbiamo bisogno di una narrazione che ci
restituisca un’idea dell’avvenire, ma anche quanto quell’avvenire, a sua
volta, è un’utopia presa a prestito dal passato.