il manifesto 25.10.18
Quel nesso tra letteratura e ideologia
Saggi.
«Il presente di Gramsci», un volume a più voci, curato da Paolo
Desogus, Mimmo Cangiano, Marco Gatto e Lorenzo Mari, per Galaad Edizioni
di Lelio La Porta
In
che modo si può oggi affrontare il discorso intorno al nesso
letteratura-ideologia dal punto di vista gramsciano? La domanda è posta a
partire dalla lettura del volume a più mani, curato da Paolo Desogus,
Mimmo Cangiano, Marco Gatto e Lorenzo Mari, Il presente di Gramsci.
Letteratura e ideologia oggi (Galaad Edizioni, pp. 340, euro 18).
SE
SI PRENDE in considerazione la lettera del pensiero gramsciano a
proposito del problema, la risposta è quasi automatica: Gramsci affronta
la questione dal punto di vista dell’intellettuale e del dirigente
politico attento a cogliere il nesso storico della subordinazione dei
governati ai governanti anche attraverso l’analisi della letteratura e
dell’arte. A ben vedere, il grande sardo pone un’ulteriore questione
relativa alla possibilità di un’estetica marxista, o del materialismo
storico, o ancora della filosofia della prassi, questione che, però,
Gramsci affronta prendendo in considerazione tutta un’altra serie di
problemi, soprattutto storici.
LA DIMENSIONE prismatica della sua
riflessione che penetra, a partire dalla realtà storica così come essa
si presenta, la filosofia, la letteratura, l’economia, la politica,
consente di sottrarre la complessità dell’opera gramsciana alla falsa
indicazione, che vorrebbe essere anche una stroncatura, di organicità.
Gramsci non voleva realizzare un’estetica materialista quanto piuttosto
andava alla ricerca di nuovi argomenti, in specie polemici, a sostegno
della sua battaglia culturale per l’egemonia.
SEMBRA DUNQUE che i
saggi che compongono il volume della Galaad si muovano proprio in questa
direzione, ossia quella indicata da Gramsci alla ricerca dei mezzi per
costruire l’egemonia e, quindi, realizzare un nuovo senso comune che si
presenti con le caratteristiche del buon senso. Nella eterogeneità dei
temi trattati dai singoli autori (ne cito alcuni senza nulla sottrarre
agli altri; il concetto di oggettività, Prometeo e la Città Futura,
Fortini, Volponi, Pasolini, la critica cinematografica gramsciana, Asor
Rosa) si coglie un elemento unificante che si può definire «militante»:
porre la necessità di una coscienza critica che sappia valorizzare,
proprio nel senso più profondo dell’attributo «critica», ossia
elaboratrice di un giudizio nuovo, in cui, al permanere dei soggetti,
cambino le predicazioni degli stessi, e, perciò, alternativo, l’idea
lukácsiana, ma di conio gramsciano, come sostiene Marco Gatto, «che la
letteratura si candidi a essere strumento di conoscenza della realtà
proprio per la sua capacità di riflettere la complessità del consorzio
sociale, a volte persino allontanandosi dai principi ideologici
dell’autore».
QUINDI, L’IDEOLOGIA: termine ormai obsoleto la cui
fine è stata decretata in quanto manifestazione delle elaborazioni
alternative rispetto all’unico pensiero dominante. Gramsci la ripropone,
come ricorda Mauro Pala nella sua Postfazione, in quanto proprio «un
complesso lavoro ideologico» è alla base di quello «spirito di
scissione» da cui i subalterni progressivamente acquisteranno la
«propria personalità storica».
Il libro è percorso, mi sembra,
anche dall’esigenza di riformulare il concetto di nazional-popolare per
sottrarlo in modo definitivo a quei giudizi che spesso lo hanno
ricondotto al paternalismo di stampo giobertiano.
GRAMSCI VOLEVA
proporre, con quel concetto, una storia politica della cultura italiana
della quale la letteratura fosse parte essenziale; il «presente di
Gramsci», che dà il titolo al volume, vuole essere la ripresa del tema
gramsciano della letteratura appannaggio non solo dei dominanti ma
anche, e soprattutto, dei subalterni. Mentre Gramsci parlava di Dante e
di Manzoni, che restano centrali e fondamentali, gli autori indicano
Fortini, Volponi, Pasolini etc. La letteratura può, perciò, proporsi
come momento necessario del «complesso lavoro ideologico» di cui si è
scritto. Ma, a questo punto, il lavoro diventa pedagogico; la palla
passa alla scuola. Hic Rhodus, hic salta!