lunedì 22 ottobre 2018

Repubblica 22.10.18
La crisi demografica
Più over 60 che under 30 sorpasso nel Paese che invecchia
di Corrado Zunino


ROMA Per la prima volta dal 1861, cioè da quando ci contiamo, in questo Paese che non figlia ma mantiene livelli di sanità alti, chi ha oltre sessant’anni è più numeroso di chi ne ha meno di trenta. Il 2018 segna il sorpasso degli over sessanta (sono il 28,7 per cento della popolazione italiana) sugli under trenta (il 28,4, ora). Lo dice l’Istituto di studi e ricerca Carlo Cattaneo analizzando dati Istat.
All’interno della fascia "giovani" è interessante, e doloroso, notare come il blocco generazionale che va da zero a quattordici anni — fino al 1971 il più numeroso dei sei presi i n considerazione — oggi è il penultimo con il 13,3 per cento del totale. Insidiato da vicino dagli over 75. Di più, dal 1991 ad oggi, parliamo quindi degli ultimi 27 anni, i "giovani" sono diminuiti di 11,2 punti mentre gli "anziani" sono cresciuti del 7,6 per cento.
Il tweet con cui l’Istituto Cattaneo ha immesso questa novità nel dibattito politico — lo studio completo sul "sorpasso" uscirà più avanti — si chiude con questa frase: «Ecco perché la politica (e la Legge di bilancio) si occupa più dei primi che dei secondi». Più degli anziani, intende, che dei giovani. La Fondazione spiega: «Una delle questioni da sottolineare è che una quota di giovani intorno al 15-16 per cento non vota. Quindi i governi, in maniera fisiologica e scarsamente lungimirante, non costruiscono politiche per loro. Da troppo tempo manca un manifesto programmatico di lungo periodo dedicato a questa generazione».
Di fronte a un calo delle nascite che dura dagli Anni ‘70, Alessandro Rosina, ordinario di Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, dice: «Il sorpasso è la naturale conseguenza del de-giovanimento infelice del nostro Paese. In Italia cresce il numero degli anziani, e questa è solo una buona notizia.
Anche in Francia cresce, con cifre raffrontabili alle nostre. Il problema, da noi, è la rarefazione della gioventù. Lo squilibrio demografico non può certo essere colpa della longevità, fenomeno da accompagnare con politiche adeguate. L’Italia, purtroppo, ha eroso la base della piramide, disinvestito sulla presenza quantitativa delle nuove generazioni italiane. Anche la Germania ha denatalità», e questa è una seconda comparazione europea, «ma lì i governi hanno compensato le diminuzioni quantitative con un forte potenziamento qualitativo».
Investendo in formazione, ricerca e sviluppo, nelle politiche attive.
Da noi si rischia un abbassamento della qualificazione media degli studenti. «L’Italia», chiude Rosina, «considera i giovani un costo a carico delle famiglie, non un investimento della collettività.
Questo punto di vista è pienamente abbracciato dalla politica, che sempre più sposta risorse sugli anziani. Il primo Renzi e i 5 Stelle in campagna elettorale hanno provato a invertire la direzione, ma quando hanno iniziato a governare hanno scelto di tutelare i genitori anziché i figli».
La lunga stagione di disinvestimenti su questa doppia fascia di italiani — da 0 a 29 anni — è diventata uno status quo: «Se mi sento abbandonato a me stesso su temi come l’istruzione e la cultura della famiglia rinvio le scelte, quindi rinuncio e accetto la mia condizione di single poco formato. Convincendomi, a posteriori, che è una condizione positiva. Ci stiamo adattando a un basso sviluppo e rinunciamo al futuro per difendere condizioni di benessere o quasi benessere. Oggi la povertà di una famiglia con un under 35 nel nucleo è aumentata, la povertà con un over 65 è diminuita. Per redistribuire risorse verso i più giovani il taglio alle pensioni più generose ha un senso».
Francesco Sinopoli, segretario della Federazione lavoratori della conoscenza, vede la piramide demografica dal punto di vista dei ragazzi (studenti) all’interno di un sindacato, la Cgil, sempre più a tutela dei pensionati. Dice Sinopoli: «La desertificazione giovanile è la più grande emergenza dei nostri tempi.
Chiunque frequenti il Sud, le Isole e le zone interne lo sa da anni. Un terzo del Paese è in queste condizioni: mancano i giovani. Per invertire questa disgrazia sociale serve favorire migrazioni di insediamento e un’occupazione femminile con ritmi e tempi che consentano la maternità. Poi c’è la scuola. Non si possono togliere insegnanti parallelamente alla riduzione degli studenti. Bisogna investire nel tempo pieno, combattere gli abbandoni».