sabato 20 ottobre 2018

Repubblica 20.10.18
In Messico è florida l’industria feroce dei sequestri. C’è un avvocato che sa come trattare con i rapitori. Nome in codice Javier, svela le tattiche dei clan e le risposte efficaci
di Tobias Kaufer


Messico vengono rapite ogni giorno sei persone. Per non essere in balia di sequestratori spesso brutali, le famiglie che possono permetterselo si affidano a un operatore speciale, che conosce tutte le strategie dei rapitori. «La decisione sulla sopravvivenza di una vittima è presa nei primi 30 minuti di un rapimento», dice Javier. «Se un ostaggio si comporta in modo nervoso, se stressa i rapitori, c’è il pericolo che ai sequestratori saltino i nervi. Nessun contatto visivo...».
L’uomo, che non vuole rivelare il suo nome, ha il suo ufficio a Città del Messico, non lontano dall’Angelo dell’Indipendenza e dal centro commerciale Reforma 222, nelle vicinanze di uno dei grandi centri finanziari della capitale messicana. Javier ha risolto con successo due dozzine di casi di rapimento. Ufficialmente, è avvocato e consigliere per la sicurezza, Javier descrive la sua attività come « servizio e consulenza in caso di rapimento». È un mediatore tra la malavita e quelli che temono per la vita dei loro familiari. Javier ha circa 45 anni, una voce tranquillizzante e parla un perfetto inglese. Preferisce l’anonimato perché quello che fa è illegale: l’interlocutore a cui rivolgersi sarebbe la polizia. Ma la fiducia nelle forze di sicurezza è scossa, non pochi funzionari hanno stretti contatti con la criminalità organizzata.
In base a un’indagine dell’Università autonoma nazionale del Messico ( Unam), dal fenomeno dei sequestri sono molto colpiti la capitale, lo Stato federale di Guerrero e Acapulco, la metropoli delle vacanze, con lo stato federale di Baja California. Per l’Unam, a ogni rapimento denunciato alle autorità corrispondono cinque sequestri non segnalati. L’organizzazione non governativa
tra dicembre 2012 e marzo 2016 ha contato 10.898 rapimenti, ma la cifra ufficiosa si aggira sui 100.000.
Gli esperti distinguono quattro categorie. Nel 92% dei casi si tratta di soldi, le motivazioni politiche o personali sono rare. Con il "rapimento express" i criminali con i loro ostaggi si recano agli sportelli bancomat per prelevare la somma massima in contanti. I " rapimenti di massa" consistono nel prendere in ostaggio gruppi di persone, ad esempio negli spostamenti interurbani in autobus. Spesso si va a caso, le famiglie delle vittime non sono abbienti, ma è comunque possibile spremere qualche migliaia di euro. Raro è il "sequestro virtuale": alla famiglia di una persona in viaggio viene raccontato che è avvenuto un rapimento. In questo caso i criminali fanno ricerche sui social e tentano, ad esempio, di prendere contatto con i familiari di una vittima durante un suo lungo viaggio in aereo, per spingerli al pagamento rapido. Poi ci sono i casi nei quali si è specializzato Javier: il rapimento di un individuo per estorcere un riscatto ad almeno cinque cifre. Per le statistiche Unam, il 70% dei casi si conclude con il pagamento di un riscatto. Ciò dimostra quanto grande sia il mercato per coloro che si mettono a disposizione per far sì che la consegna del denaro e la liberazione avvengano senza intoppi. Javier considera realistiche le cifre dell’università. « Si tratta di garantire ai rapitori la certezza di ricevere i soldi e di non essere scoperti » . Anche il sequestratore non vuole problemi e la polizia è percepita da entrambe le parti come fattore di disturbo: «I familiari temono che la comparsa della polizia metta in pericolo la vita dell’ostaggio, per i rapitori il rischio di essere scoperti cresce».
Le cifre dell’Unam confermano le sue esperienze. In appena il 6% dei casi i familiari si affidano solo alla polizia e si rifiutano di pagare il riscatto. L’industria messicana dei sequestri si è da tempo specializzata. Per quasi tutti i compiti dispone di « forze specializzate». Ci sono quelli che identificano le vittime in base all’entità del riscatto e al livello di rischio. Poi ci sono quelli che rapiscono la vittima. E infine c’è quello che conduce le trattative. Le istruzioni o le prove che il rapito è vivo sono fornite via WhatsApp con cellulari prepagati, le cui sim anonime sono distrutte dopo la prima comunicazione. «Nel caso di sequestri particolarmente brutali può avvenire che siano spediti video o foto nelle quali le vittime femminili subiscono abusi sessuali o le vittime maschili sono picchiate», dice Javier. La banda " Los Nequis" era nota per inviare alle famiglie le punte delle dita dei sequestrati. E il più celebre sequestratore, l’ex poliziotto Daniel Arzimendi, che dopo l’arresto nel 1998 confessò 18 sequestri, era soprannominato
Mozzaorecchie: come prova inviava le orecchie. L’impatto con la sofferenza del proprio figlio, della propria figlia o dei propri genitori è il momento nel quale i familiari crollano. Nelle loro teste si figurano scene terrificanti su tutto quello che potrebbe succedere. I sequestratori sfruttano questo effetto per spingere il più in alto possibile la richiesta di riscatto.
Perciò è importante che le trattative siano gestite da una persona che, pur tenendo presenti gli interessi dell’ostaggio, chiarisca ai sequestratori che c’è un limite da non oltrepassare, dice Javier. Il punto critico di un rapimento è il pagamento del riscatto. I criminali vogliono sparire il più presto possibile con il bottino. In quel momento l’ostaggio perde il suo valore. Anche per questo gli interventi di Javier sono molto richiesti. Con lui sia i rapitori sia le famiglie sanno che il denaro sarà consegnato con sicurezza. Quasi sempre l’ostaggio viene poi liberato: « Se questo non accade, ho commesso un errore ». In caso di «lavoro svolto con successo » , il messicano riceve per le sue prestazioni una somma commisurata al riscatto. Javier non rivela l’entità di questa percentuale e non accetta il rimprovero di incoraggiare con il suo lavoro la criminalità organizzata: «I sequestri ci sarebbero anche senza di noi. Però con noi le vittime riescono quasi sempre a
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