Repubblica 19.10.18
Resistere resistere resistere
"Alzati e cammina" una resurrezione laica
di Massimo Recalcati
Come
si può intendere laicamente il mistero cristiano della resurrezione? Il
corpo di Cristo che risorge dopo aver conosciuto l’assoluto
nascondimento della morte, della fine della vita, non è solo una
immagine consolatrice che dovrebbe liberare l’uomo dal peso
insopportabile della sua finitezza, ma può essere assunto come il
simbolo di una resistenza altrettanto assoluta della vita contro la
tentazione della morte.
Non è, in fondo, questo uno dei
significati fondamentali della predicazione di Gesù? Non abbiate paura
perché non tutto è morte, perché il cuore della vita è più grande
dell’ombra della morte!
Non a caso è nella parola antica Kum che è
contenuto il tema della possibilità che la vita rinnovi se stessa
proprio laddove pare morta, finita, consegnata ad uno scacco fatale. Kum
è la parola-imperativo che, per esempio, nel testo biblico, Dio rivolge
a Giona. Essa scuote il profeta dal suo letargo per consegnargli una
missione impossibile che lo costringe a mettersi in movimento. Ma è
anche la parola-imperativo che Gesù rivolge a Lazzaro: Kum! Alzati!
Cammina!
Rimettiti in moto! Kum è la parola che riabilita la vita alla vita,
proprio nel punto dove la vita si perde e muore. Ecco la cifra laica
della resurrezione. Dobbiamo provare a vedere in Kum la parola che
ispira ogni autentica pratica umana di cura. La posta in gioco è
decisiva: è possibile rialzarsi, ricominciare, ritornare a vivere, anche
quando l’esperienza della caduta, della malattia, del fallimento, della
catastrofe appare senza rimedio alcuno? In gioco non è solo il destino
individuale della vita, ma quella di una città, di un popolo, di un
ideale, del nostro stesso pianeta. Il Grande Cretto di Burri che
commemora il terremoto di Gibellina o il One World Trade Center di
Daniel Libeskid che evoca il trauma dell’abbattimento delle Torri
gemelle, non guariscono la ferita (inguaribile) ma la sanno incorporare
in una forma nuova che consente alla vita di ricominciare a vivere. Il
mistero della resurrezione, riletto laicamente, indica allora non solo e
non tanto la possibilità eventuale che la vita possa esistere dopo la
morte, tema caro a tutte le religioni, ma la possibilità di ridare vita
ad una vita che sembrava perduta, di ricostruire una città distrutta, di
ritrovare un popolo privato di ogni forma di identità, di restituire un
volto umano alla vita dopo l’esperienza atroce dell’orrore.
La
parola Kum!, Alzati!, è un appello che esige movimento, rilancio,
responsabilità di un atto che sappia riaccendere la vita. In gioco è
l’evento della sorpresa che sempre accompagna il "miracolo" dell’uscita
della vita dalla zona sepolcrale della morte. Non è infatti proprio
questa sorpresa al centro di ogni avventura di cura? Possiamo pensare
esemplarmente ad alcuni casi clinici ritenuti senza speranza che, nel
corso di una cura, risorgono contraddicendo i protocolli e le previsioni
prognostiche più nefaste. Può accadere con bambini colpiti da malattie
rare, con giovani afflitti da patologie mentali gravi, ma anche, in uno
scenario meno drammatico, con studenti ritenuti dall’istituzione scuola
senza speranza, cause perse, irrecuperabili. Può accadere con territori e
città che hanno fatto esperienza - solo apparentemente irreversibile -
della catastrofe. Ma più in generale ogni volta che incontriamo una
resistenza insperata alla morte, ogni volta che incrociamo la sorpresa
della vita che non cede alla morte e ricomincia a camminare, facciamo
esperienza della resurrezione.
Come se la cifra ultima della
resurrezione coincidesse con quella della insurrezione: non si tratta di
respingere fobicamente la caduta o la malattia, il fallimento o la
perdita inconsolabile, illudendosi che possa esistere una medicina
capace di dissolverne la presenza scabrosa.
Piuttosto si tratta di
non lasciare l’ultima parola alla morte. Per questo sappiamo che i
momenti più fecondi per una vita sono quelli che implicano passaggi
stretti, crisi, ferite. Tuttavia, affinché il "miracolo" della
resurrezione si possa compiere è sempre necessario un atto di fede che
non può essere confuso con una semplice credenza. Non si tratta tanto di
avere fede in un salvatore, ma di avere fede nella forza stessa della
fede. Quando una volta a Lacan chiesero in che cosa consistesse
l’esperienza dell’analisi, egli rispose, molto semplicemente, che essa
consisteva nell’offrire ad una vita persa, l’opportunità per
"ripartire". Ebbene, la fede nel proprio desiderio è la condizione di
base per questa ripartenza. Alzati! è la parola-imperativo che rimette
in piedi e in movimento la potenza affermativa del desiderio contro la
tentazione cupa, sempre presente negli umani, della morte. Perché, in
fondo, se la resurrezione non può pretendere di curare la vita dal suo
destino mortale - non può liberare la vita dalla morte - essa può invece
liberare la vita dalla paura paralizzante della morte e dalla sua
tentazione. Perché la paura della morte, umanissima quando riguarda la
prossimità dell’evento della propria fine che ci priva della gioia
infinita della vita, può nascondere talvolta la paura della vita. La
tentazione della morte è, infatti, un modo per voler evadere dalla
fatica che la vita impone. È questa la tentazione più grande.
Testimoniare
che non tutto è morte, non tutto è devastazione, non tutto è destinato a
finire, che risorgere è un compito della vita, è il segreto che la
parola Kum! porta con sé nei secoli.