Repubblica 16.10.18
Ma che bello smarrirsi tra centinaia di titoli
di Marco Belpoliti
A
cosa servono i libri? A trovar lavoro, sembrerebbe. Lo dice la ricerca
della sociologa australiana. Ha misurato il rapporto tra la presenza di
libri nelle case delle persone e la loro affermazione professionale. Un
tempo gli adulti ci dicevano: leggi se vuoi capire te stesso e il mondo
intorno. Come poteva essere altrimenti, dati i limiti di tempo e di
spazio: la famiglia in cui eri nato, la città, la cerchia di amici, le
scuole frequentate? Il libro era il veicolo più sicuro per entrare in
contatto con altre vite e altri mondi evadendo dal proprio. Era un modo
per iniziarsi alla vita e ai suoi segreti, che né i genitori né gli
insegnanti t’indicavano con facilità. Il libro era la porta che
introduceva all’altrove, un altrove a pochi centimetri da te.
Poiché
oggi sono più le persone che guardano di quelle che leggono, il libro
sembra arretrare nella sua funzione di addestramento all’esistere, sia
in senso materiale che spirituale.
Ma non è così. La metrica della
sociologa australiana una cosa suggerisce: la competenza intellettuale è
mediata ancora dai libri, dalla loro presenza fisica, non dalla
immaterialità degli e-book. In un paese come il nostro, dove si legge
così poco, è perciò evidente il decadimento del livello culturale: 75
libri, media italiana, sono un ripiano e qualche decimetro nella
libreria Billy di Ikea. Molto poco, ma sufficiente ad avanzare nella
vita, o almeno a non restare indietro.
Dopo il 350 libri — sette
ripiani e mezzo — la sociologa non si spinge ad altre considerazioni. Lì
cominciano i maniaci della lettura, quasi una nevrosi; tra 500 e 5.000,
ci dicono, non c’è poi tanta differenza. Lì siamo nei pressi degli
intellettuali, specie in via di estinzione, perché da quel punto in poi,
come ha spiegato una volta Gianni Celati, i libri servono a sviluppare
il senso critico, a nutrire dubbi e persino a sperdersi, perché più si
sa più si rischia di smarrirsi nel labirinto della cultura. Ma ve
l’assicuro, da lì in poi cominciano piaceri che non è sempre facile
descrivere.
Certo, il piacere della lettura si può raggiungere sia con un solo libro che con 1.000, ma è la ripetizione quella che conta.
Rifarlo è il massimo.