Repubblica 16.10.18
Invece
La crisi del pd senza nessuna speranza verde
di Stefano Folli
Due
interrogativi figli delle elezioni in Baviera e riferiti all’Italia. Il
primo: ha ragione o torto il Partito democratico a dichiararsi
compiaciuto — nelle parole di Paolo Gentiloni — per l’exploit del
partito ecologista (quasi il 18 per cento)? Il secondo: perché non si è
ancora manifestato nel nostro Paese un fenomeno analogo, ossia l’ascesa
di una forza non tradizionale capace di acquisire il consenso che sta
abbandonando i partiti storici, compreso il Pd?
I quesiti sono
intrecciati tra loro, come è evidente. Difficile non vedere che la
resurrezione dei Verdi è la conseguenza diretta della crisi della Spd,
espressione antica della sinistra moderata tedesca, antagonista e
talvolta alleata di governo della Cdu-Csu (come in questi anni). Ma se
la socialdemocrazia in Germania è al tramonto, come del resto il partito
socialista in Francia, è un po’ presto per concludere che i Verdi ne
hanno preso il posto. Sicché tutto continua come prima, anzi meglio
perché gli ecologisti appaiono più moderni, innovativi ed europeisti
della vecchia Spd consumata dal potere.
In realtà, i Verdi, almeno
in Germania, rappresentano una forza che già in passato ha avuto un
peso elettorale non indifferente e poi è quasi evaporata. È un partito
suggestivo, in anni in cui i temi legati all’ecologia sono centrali
nelle società avanzate. Ma ha dimostrato anche di essere un partito
effimero. O “leggero”, se si preferisce. Come punto di riferimento della
sinistra continentale si è rivelato incostante per la fragilità della
sua base. E allora il Pd si considera più vicino alla socialdemocrazia,
benché tramortita, con le sue radici sociali, ovvero prova a salire sul
carro verde perché in questo momento è quello che lascia intravedere una
possibilità di successo?
Chi guarda nonostante tutto alla
socialdemocrazia, come Zingaretti e in genere la sinistra, punta ancora
sulla forza residua e ben ramificata nella società del partito che ha
incarnato la storia del Novecento. Chi invece dà per morta la
socialdemocrazia (ad esempio Gozi) guarda con favore al grande
rimescolamento di carte e spera che la resurrezione tedesca sia un
miracolo in grado di ripetersi anche in Italia. Del resto, è già
avvenuto in Francia, quando la vittoria di Macron mascherò il collasso
del socialismo di Hollande. Solo che Macron e i Verdi tedeschi sono
diversi fra loro ed entrambi sono altra cosa rispetto al Pd in Italia.
Che non a caso sembra invece essere il terzo lato di un triangolo in cui
si iscrive la crisi della sinistra tradizionale. Una crisi che marcia
di pari passo con l’analogo affanno del centrodestra incalzato dai nuovi
partiti anti-establishment.
Vero è che il Pd evita di
riconoscersi fino in fondo nella famiglia socialista europea. Ma finora
non è sfuggito al destino che sta piegando i partiti cugini, se non
fratelli, in Germania e Francia. Quanto ai Verdi, rappresentano un
fenomeno che andrà capito, ma sono di un’altra pasta rispetto a tutte le
forze inserite nel “sistema”, Pd incluso, proprio perché hanno
l’ambizione di segnare una rottura con il passato: nel modo di fare
politica e nelle classi dirigenti. Questo spiega le ragioni per cui in
Italia non nasce un fenomeno simile a quello bavarese. I Verdi italiani,
molto ideologici, hanno vivacchiato per anni come una variante
dell’estrema sinistra e poi sono rimasti ai margini. Sopravvivono in
miniatura, ma non esprimono né una nuova politica né una diversa classe
dirigente. Per cui il Pd è solo con sé stesso e i suoi fantasmi, mentre
5S e Lega hanno per il momento facile presa sull’opinione pubblica.