martedì 16 ottobre 2018

Repubblica 16.10.18
L’exploit elettorale
Perch brilla il verde di Germania
Diritti, rifugiati e più Europa la lezione dei Verdi tedeschi
Pragmatismo, piccole e grandi battaglie, fiducia nell’immigrazione e in un Paese multiculturale. Così l’ex partito-movimento degli anni ‘70 ha trionfato in Baviera
di Tonia Mastrobuoni


L’ambientalismo è un fenomeno tedeschissimo come spiega “Imperium”, lo straordinario romanzo di Christian Kracht che racconta le spericolate vicende di August Engelhardt, l’ultravegetariano tedesco che alla fine dell’Ottocento fondò in Guinea una colonia di adoratori di noci di cocco. Il naturismo degli anni Venti confluì, purtroppo, nel nazismo e il nudismo divenne, nella Germania comunista, una sorta di religione di Stato. Ma è sufficiente l’amore romantico per la natura a spiegare la nascita e il successo dei Gruenen in Germania, negli anni Settanta, e soprattutto la loro resurrezione in Baviera ad opera di due sorridenti trentenni? Soprattutto: questo neo-boom degli ambientalisti, che si nutre anche del drammatico declino dei socialdemocratici, può essere un modello per altri Paesi e far sperare nella rinascita di una politica solidale, comunitaria, europeista, cosmopolita, in una parola, di sinistra?
«Siamo la nuova Csu» scherzava qualcuno domenica sera alla festa elettorale dei Verdi. Una battuta che non scandalizzerebbe nessuno, nel partito, e che già risponde alla domanda se possa considerarsi un fenomeno di sinistra. È riduttivo. La forza dei Verdi sta proprio nel loro orgoglio post-ideologico. Nell’avere individuato la loro missione, sin dagli esordi, nelle singole battaglie e non nella realizzazione delle “magnifiche sorti” di un progetto politico complessivo. Dal movimento degli anni Settanta che si batteva contro le piogge acide, le centrali nucleari e la pace nel mondo, si arriva dritto dritto alla battaglia dei leader bavaresi dei Gruenen, Katharina Schulze e Ludwig Hartmann, contro la cementificazione dei villaggi di campagna - 14 ettari al giorno il ritmo del cosiddetto Flaechenfrass nel Land più ricco della Germania - e la morìa delle api.
Il secondo motivo del loro successo sono proprio le loro grandi e piccole battaglie, che nei decenni sono diventate mainstream. I Verdi, insomma, hanno spesso avuto ragione. E oggi chi pensa che l’inquinamento, i cambiamenti climatici, l’alimentazione bio, la cementificazione o la parità tra sessi siano delle istanze radicali o sbagliate appartiene a un’arrabbiata minoranza. Tanto che in Germania è stata proprio la ragionevolezza e la fondatezza scientifica del loro impegno a costringere i partiti tradizionali ad assorbirne via via le istanze. E a decretarne il declino. Negli ultimi anni i Verdi erano precipitati ai minimi storici e qualcuno aveva cominciato a teorizzare che fossero ormai superflui perché la società si era talmente imbevuta delle loro istanze da costringere persino Angela Merkel a costruirsi un’identità da “Klimakanzlerin”, da cancelliera ecologista.
Sono risorti in Baviera, invece, facendo appello, in tempi di razzismo dilagante e chiusura nazionalista, all’Europa quasi come metonimia di un cosmopolitismo e un’apertura al mondo che li caratterizza da sempre. In totale solitudine, causa afonia e balbettìo dei partiti tradizionali, i Gruenen hanno coniato per la campagna elettorale bavarese slogan come “Scegli il cuore al posto dell’odio” e hanno rivolto continui appelli pro-Europa e pro-migranti mentre la Csu rincorreva la destra populista e la Spd taceva imbarazzata cercando di dirottare l’attenzione su temi come il caro-affitti. E sono stati i Verdi a risvegliare molti bavaresi dalla bolla di odio e di paura verso i profughi in cui la Csu aveva precipitato una delle regioni più ricche del mondo. È sufficiente citare un dato per fotografare l’assurdità del malumore alimentato da Seehofer e compagni: la disoccupazione, in Baviera, è poco sopra il 2%.
Inesistente.
Una grande lezione ad altri Paesi, Italia in primis, arriva poi dalla storica capacità dei Verdi di non spaccarsi mai e di coniugare perfettamente le due correnti classiche, i ‘fundis’ e i ‘realos’ - da noi si direbbe l’anima “di lotta” e “di governo”. La loro forza propulsiva sta nei temi ecologici che affiorano via via ma anche nella capacità, dimostrata da molto tempo, al livello comunale, regionale e federale, di governare. Nessuno considera oggi lunare l’ipotesi che i Verdi possano guidare la Baviera con l’ultraconservatrice Csu. Tanto per dirne una, nella ricchissima e industrializzatissima Baden-Wuerttenberg, sede di molti colossi dell’auto come Daimler, sono arrivati primi alle ultime elezioni e amministrano con la Cdu. E a Berlino chiunque sa che da anni il sogno segreto di Angela Merkel sarebbe stato quello di governare con loro. I negoziati per la coalizione Giamaica, nello scorso autunno, fallirono non certo per la distanza tra Cdu/Csu e i Gruenen. Si arenarono perché i Liberali staccarono la spina. I Verdi, a quel tavolo di livori incrociati tra Merkel e Lindner e Seehofer, fecero la figura dei più assennati.