lunedì 15 ottobre 2018

Repubblica 15.10.18
Angela sulla Shoah
La tv fa bene alla storia
di Roberto Esposito

Domani cade il settantacinquesimo anniversario del tragico rastrellamento a Roma di più di mille ebrei, avviati alla morte nei campi di sterminio nazisti. Mai come quest’anno esso va ricordato, raccontato, spiegato, come ha fatto molto bene Alberto Angela in televisione sabato sera, con tutta la forza d’urto delle immagini e delle testimonianze dei sopravvissuti. Già lo aveva fatto, alla fine della guerra, Giacomo Debenedetti in un testo, poi più volte riedito, con il titolo, secco e tagliente, 16 ottobre 1943. Quella data non richiama solo un evento drammatico della nostra storia. Apre una ferita che non può rimarginarsi, nonostante i tentativi, torvi e goffi, di espellerla dalla memoria collettiva del paese. Il rastrellamento degli ebrei di Roma non testimonia la debolezza italiana di fronte alla ferocia tedesca. Ma rivela verità del fascismo. La sua natura essenzialmente criminale. Le leggi razziali sono un episodio orribile non solo per le loro conseguenze nefaste, ma perché pervertono il significato del diritto nella terra che lo ha visto nascere. Pensato come riparo degli innocenti dalla violenza arbitraria, in quelle leggi il diritto è diventato lo strumento stesso della violenza. Non ciò che difende la vita umana dalla morte violenta, ma ciò che la consegna a essa senza difese.
Ciò va oggi ribadito per diverse ragioni. Intanto perché da qualche tempo la questione del razzismo è tornata di triste attualità nel nostro paese. Ma anche perché proprio in Italia s’incrocia con il recente progetto di cancellare, o ridimensionare, la storia tra i possibili temi dell’esame di maturità. Su questa normativa, incomprensibile e inaccettabile, già gli storici italiani hanno espresso la più netta contrarietà. Che gli studenti negli ultimi anni abbiano scelto in misura sempre minore il tema di storia non è un buon motivo per eliminarlo anche dal novero delle scelte. Come se fosse un articolo da ritirare dal mercato perché non più richiesto. Mentre invece occorrerebbe fare esattamente il contrario – creare le condizioni per un rinnovato interesse per la storia, come non soltanto Angela, ma i nuovi programmi di Rai Storia stanno facendo. Sono trasmissioni che uniscono il rigore della ricostruzione storica con la suggestione del racconto per immagini. I risultati, come gli ascolti, sono sorprendenti. A riprova del fatto che a volte basta usare nuovi strumenti per diffondere a un vasto pubblico temi che parevano riservati a pochi cultori della materia.
Ma la ricorrenza di domani ci dice anche un’altra cosa, forse ancora più importante, sul significato della storia. Che cioè la nostra stessa esistenza è di per sé storica. Forse per questo motivo il libro di filosofia più importante del Novecento ha per titolo Essere e tempo. Tutto ciò che abbiamo intorno, compreso noi stessi, ha una dimensione temporale. Per questo, per quanto la si possa " dannare", la memoria non può spegnersi per decreto legge. Il passato non è semplicemente ciò che precede, o prepara, il presente. Esso è parte integrante di esso. Sta nel presente, come questo è interno al futuro. Ciò che definiamo "contemporaneità" non è soltanto l’ultima epoca dopo l’antichità e la modernità. Essa indica, secondo il suo significato letterale, la compresenza dei tempi all’interno di ogni tempo. Dunque anche del nostro. Nessuno può decidere di dimenticare la propria provenienza, perché quella radice non è solo dietro, ma davanti a noi. Perciò quei bambini, quelle donne, quegli uomini condotti alla morte il 16 ottobre del 1943 faranno per sempre parte della nostra vita.