Repubblica 10.10.18
La polemica
Nessuno tocchi la nostra maestra Storia
di Ilaria Venturi
La
traccia tradizionale abolita dal nuovo esame di maturità La riduzione
dell’insegnamento a un’ora negli istituti professionali. La perdita
delle cattedre all’università. Così la disciplina che studia il passato è
sotto attacco
L’ideale di cooperazione internazionale sostenuto
da De Gasperi e Moro dopo la seconda guerra mondiale. Un bel tema. Era
la traccia di argomento storico uscita alla scorsa maturità. Per
l’ultima volta. La riforma dello scritto di italiano ha cancellato il
tradizionale tema storico tra le tipologie di prove offerte agli
studenti, pur preservando la Storia tra gli ambiti delle tracce, accanto
a quello artistico, letterario, filosofico, scientifico, economico,
sociale. Una revisione che ha fatto infuriare gli storici. «È
un’immotivata novità che riduce di fatto la rilevanza della Storia come
disciplina di studio in grado di orientare i giovani nelle loro scelte
culturali e di vita», scrivono in un documento comune tutte le società
degli studiosi di Storia, l’associazione di Public History, il centro
per la ricerca storico-educativa e la rete degli istituti per la storia
della Resistenza. Al ministro all’Istruzione Marco Bussetti gli storici
chiedono di rivedere la scelta operata dal gruppo di lavoro guidato dal
linguista Luca Serianni, che in realtà non ha mai messo in discussione
l’importanza della disciplina («mi aspetto che venga dato un tema di
ambito storico, che rimane rilevante»). Ma la scomparsa della traccia
specifica di Storia fa comunque discutere, ha acceso il dibattito perché
interpretata come un segnale allarmante in tempi di memoria corta. «La
preoccupazione è inevitabile perché lo spazio nelle scuole è stato molto
eroso negli ultimi anni», osserva Andrea Giardina, ordinario di Storia
romana, alla guida della Giunta centrale per gli studi storici. Il
ritocco nell’esame di Stato non è che la punta dell’iceberg di una
progressiva marginalizzazione della Storia tra i banchi. La recente
riforma degli istituti professionali consente al collegio dei docenti di
ridurre ad una sola ora l’insegnamento della Storia nel biennio.
«All’università non va meglio, negli ultimi dieci anni abbiamo perso il
30% delle cattedre», spiega Fulvio Cammarano, presidente degli storici
contemporanei. «È da tempo che assistiamo a un attacco alla Storia –
continua il professore dell’Alma Mater – non a quella di
intrattenimento, sempre più in auge, ma alla disciplina che ricerca una
"verità". Il motivo? La Storia per sua natura complica la vita: è
l’opposto della semplificazione, la nemica delle fake news. Per questo
non piace, non fa parte nemmeno più della formazione della classe
dirigente, quasi ce ne vergogniamo: avete notato che nei talk show gli
storici sono presentati come politologi?». Massimo Salvadori taglia
corto: «Non c’è cultura senza conoscenza storica, l’idea che parlare del
passato sia un lusso, quasi una forma di curiosità è misera. Si vive
nel presente senza capire che i passi che compiamo nelle nostre
esistenze vengono dall’esperienza del passato». A ben guardare, osserva
Emanuela Scarpellini, storica alla Statale di Milano, «c’è una richiesta
di storia fortissima, ma quello che si è perso è la concezione della
Storia come maestra di vita, come strumento scientifico per capire la
realtà d’oggi. Non solo, i risultati raggiunti dalla storiografia
contemporanea che ha dato voce alle minoranze, alle donne, a coloro che
prima non l’avevano, consente di avere uno sguardo più tollerante sulle
tensioni del presente, come quelle che viviamo sull’immigrazione».
Il
rischio che vede Fulvio Conti, che insegna storia contemporanea
all’ateneo di Firenze, «è che in questo modo il Novecento venga studiato
ancora meno».
Rigettata è anche l’argomentazione che in fondo il
tema storico era scelto da pochissimi alla maturità, appena l’1% a
giugno scorso. «Non si misura così la qualità della formazione nella
scuola superiore – aggiunge Giardina – è comunque va riaffermata la
conoscenza storica in un clima di suo indebolimento, altrimenti si
aprono praterie per dilettanti e politici che reinventano le loro
storie». Il riferimento è alla mozione, poi ritirata, in consiglio
regionale della Puglia di istituire la giornata della memoria per le
vittime meridionali dell’Unità d’Italia. «Poi non è tutto negativo: la
storiografia italiana è ai massimi livelli internazionali e cresce la
richiesta di Storia più seria non solo in ambito accademico – conclude
Giardina – Siamo tra queste due realtà: il grido rispetto allo
svilimento della Storia e il fermento che porta a ben sperare e che la
politica non coglie».