Corriere 10.10.18
L’appello degli esperti
«Che errore abolire la Storia alla Maturità»
«Storia eliminata per ignoranza» L’ira degli studiosi
Tema di maturità, l’appello online a Bussetti
Serianni: traccia scelta dall’1% dei candidati
di Valentina Santarpia
La
Storia fa parte del presente. E invece «la trattano come merce
d’antiquariato, fuori moda, da accantonare. Ed è pericoloso». Appello
degli esperti per salvare la storia «sparita» dal tema all’esame di
maturità.
«La trattano come merce d’antiquariato, fuori moda, da
accantonare. Ed è pericoloso: la storia fa parte del presente, e senza
la consapevolezza di ciò che è accaduto non daremmo un senso alla nostra
scena politica e sociale». È furioso Fulvio Cammarano, presidente della
Società per lo studio della storia contemporanea, una delle
associazioni di storici che hanno firmato l’appello per salvare la
storia all’esame di maturità. Sembrerebbe tema di nicchia, da
intellettuali da salotto: e invece il breve comunicato con cui gli
studiosi chiedono che sia rivista la scelta di eliminare la traccia di
storia tra quelle previste per lo scritto dell’esame di Stato, invocando
un incontro col ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, è stato letto e
condiviso da migliaia di persone online nel giro di due giorni.
«Un
errore politico da riparare», tuonano in molti, attribuendo al governo
gialloverde la responsabilità. «Non è questione di governi — precisa
Cammarano — anche perché Bussetti ha avallato una decisione della
commissione che si era già insediata (quando la ministra era Valeria
Fedeli ndr ), e che all’interno non aveva neanche uno storico. Parliamo
di una tendenza degli ultimi dieci anni, in cui la storia soffre di
schizofrenia: da una parte assistiamo al successo di programmi di
intrattenimento e fiction basati sulla storia, dall’altra vediamo che la
storia com’era un tempo, quella che aveva peso politico, sta
scomparendo». Colpa anche del disinteresse degli studenti, che negli
anni hanno scelto a malavoglia e con poche eccezioni il tema di storia?
«Il tema di storia era svolto dall’1% degli studenti», conferma il
presidente della commissione che ha rivisto l’esame, il linguista Luca
Serianni, che difende la scelta: «La storia non sparirà del tutto: sarà
una delle tracce di italiano possibili e sarà presente di anno in anno
nella proposta che farà il ministero. È una materia centrale per la
formazione dei ragazzi — ammette — ma bisognerebbe rafforzare le
competenze e provvedere prima, perché i candidati la scelgano».
Marketing
della didattica? «Non stiamo parlando di fenomeni commerciali — sbotta
Andrea Giardina, presidente della Giunta centrale per gli studi storici
—. Non è che se il prodotto non tira, allora lo tolgo dal mercato. La
risposta corretta non è eliminare il tema di storia, ma chiedersi perché
viene scelto poco, aumentare il numero di ore di insegnamento,
incentivare i ragazzi a studiarla. Ad esempio puntando sulla public
history, la divulgazione fuori dagli ambienti accademici. Tanto più che
gli spazi vuoti lasciati dalla storia sono sempre più riempiti dalle
storie, false, inventate da dilettanti: fenomeno inquietante». E
sostenuto dalla delegittimazione delle autorità in materia: «Spesso sono
filosofi e letterati a insegnare storia — ammette Stefano Gasparri,
presidente degli storici medievalisti —. Dobbiamo riportare gli storici
in cattedra. In una società smemorata come la nostra, priva di
ancoraggio col passato, colpire la storia mi sembra un fatto grave».
C’è
l’ombra del complotto contro la storia e la consapevolezza che ne
deriva? «No, non penso proprio che ci possa essere la volontà di
manipolare — dice Simona Colarizi, per 40 anni docente di Storia
contemporanea alla Sapienza di Roma —, è solo una questione di
ignoranza, incuria. E sembra quasi normale, purtroppo, che in un Paese
che non dedica grandi risorse all’educazione si arrivi a sostenere che
la storia non ha importanza». La prova di maturità, dunque, è stata solo
la goccia che ha fatto traboccare il vaso della protesta: «Non penso
che sia un esame, tra l’altro piuttosto screditato, il momento
qualificante dell’apprendimento — conferma la professoressa Chiara
Frugoni, già all’università di Pisa, Parigi, Roma —. Gli studenti non
sono computer, dove vedi se un programma gira bene: la storia va
insegnata, bene e durante tutto l’anno, per sviluppare il senso
critico».
Ma perché la storia è così importante? «Non c’è società
del mondo che non abbia rapporto col passato — spiega Luigi Migliorini
Mascilli, presidente della Società per lo studio della storia
contemporanea — anche nelle vite singole ricapitoliamo quanto ci è
accaduto perché siamo il frutto di quegli eventi. La storia è la base
del diritto di cittadinanza, un cittadino capace di giudizio deve avere
una conoscenza storica».