Repubblica 10.10.18
La strategia
Il colosso di Internet
Falle nel software e addio al Pentagono l’ora buia di Google
Il gruppo lancia il nuovo smartphone Pixel 3 ma pesano i problemi di sicurezza di Google+
di Alberto Flores d’Arcais
NEW
YORK Qualcuno, quando le note dei Beatles hanno dato il via all’evento,
non è riuscito a trattenere le risa. In effetti la scelta di Help,
colonna sonora per annunciare in grande stile a New York il Pixel 3, è
sembrata quasi ironica.
Perché il "D-Day" di Google, da giorni
strombazzato come la definitiva risposta del gigante di Mountain View ai
suoi potenti avversari (Apple e Amazon in primis), è stato funestato
alla vigilia dall’ennesima falla informatica: che ha messo a rischio i
dati di 500 mila utenti di Google+, il social network della real casa
californiana.
Come non bastasse, nel giorno del grande evento
Google ha dovuto anche annunciare il definitivo fallimento della sua
partnership con il Pentagono.
Dopo aver già rinunciato qualche
mese fa a un altro contratto con il ministero della Difesa, ieri ha
fatto sapere che non parteciperà al bando per il progetto Jedi (Joint
Enterprise Defense Infrastructure) per i servizi cloud delle forze
armate degli Stati Uniti. Un affare del valore di 10 miliardi di
dollari, che prevede la migrazione su cloud commerciali di tutti i dati
del Pentagono. «Non partecipiamo al bando prima di tutto perché non
abbiamo rassicurazioni sul fatto che Jedi rispetterebbe i nostri
principi sull’Intelligenza Artificiale», la motivazione ufficiale di
Google, una mossa che risponde alle crescenti pressioni dei lavoratori
della Silicon Valley (e in genere delle aziende hi-tech) sull’utilizzo
delle nuove tecnologie per scopi militari, che sta coinvolgendo ad
esempio anche lo sviluppo dei cosiddetti "robot killer".
Una
vittoria che la Tech Workers Coalition, sorta di nuovo sindacato nato
per "dare più voce ai lavoratori dei gruppi digitali" ha subito
rivendicato via Facebook: «Google aveva tutte le intenzioni di
partecipare a questo appalto e se possibile di vincerlo. L’unica ragione
per cui si sono ritirati è perché i lavoratori hanno preso posizione».
All’evento
di New York l’azienda evita accuratamente le polemiche. Il nuovo
smartphone (il Pixel 3) presentato insieme al nuovo tablet (2 in 1) e a
un display da salotto (Google Home Hub) era l’occasione per rilanciarsi
dopo qualche caduta di troppo e sul palco Rick Osterloh — che è a capo
della divisione hardware — li ha illustrati con attenzione, ricordando
come l’evento cada nel ventennale di vita di Google.
Il clima a
Mountain View tuttavia non è dei più sereni. Ad aprile, mentre Mark
Zuckerberg veniva interrogato dal Congresso per il caso Cambridge
Analytica, e i regolatori europei accendevano i fari sulle violazioni
dei dati degli utenti di Facebook, Sundar Pichai, l’amministratore
delegato di Google, disse di non essere affatto «preoccupato per il
nuovo regolamento sulla privacy» europeo. L’inchiesta del Wall Street
Journal sulla falla nel software di Google + racconta una realtà un po’
diversa: i dirigenti di Google che si sono accorti del bug a marzo hanno
preferito non rendere pubblico l’accaduto perché avrebbe «sollevato
l’immediato interesse dei regolatori». L’azienda ora ha annunciato che
Google+ verrà chiuso per i consumatori e resterà attivo solo per le
aziende. Questa decisione e il lancio dei nuovi prodotti saranno
sufficienti a rilanciare big G nella sua lotta per il predominio
digitale? La risposta come sempre dipenderà dai clienti, un po’ scottati
dalle ultime vicende. Non che per gli altri "competitor" siano tutte
rose e fiori, ma il fatto che Google abbia taciuto (secondo la
ricostruzione del Wall Street Journal) una cosa che sapeva almeno da
marzo — la falla di sicurezza su Google+ è durata tre anni — nel timore
di un nuovo caso Cambridge Analityca non depone a suo favore. Come del
resto l’intenzione di ricorrere contro la multa da 4,34 miliardi di euro
decisa nel luglio scorso dalla commissione Ue (lo ha rivelato il
Financial Times). Che non piacerà certo all’Europa e agli europei.