martedì 16 ottobre 2018

La Stampa TuttoSalute 16.10.18
“Niente esercizio”, è il cervello a spingerci sul divano
di Paola Mariano


Siamo pigri di natura: il cervello è inesorabilmente «settato» per evitare sforzi. Svolgere attività fisica, o il pensiero di farlo, richiede energie in più che le reti di neuroni tentano a tutti i costi di risparmiare, trattenendoci svogliatamente sul divano.
A rivelarlo è uno studio internazionale: condotto tra Belgio, Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Canada e coordinato da Matthieu Boisgontier della University of British Columbia a Vancouver e Boris Cheval dell’Università di Lovanio, è stato pubblicato su «Neuropsychologia». Il lavoro contribuisce a sciogliere un annoso enigma, il «paradosso dell’esercizio»: nonostante la società ci incoraggi a fare esercizio fisico, e sebbene sia risaputo che lo sport fa bene a corpo e psiche, le statistiche mostrano che stiamo diventando via via più pigri. Tutta colpa della nostra natura, sostengono i ricercatori intervistati da «TuttoSalute».
Lo studio ha coinvolto 29 giovani, alcuni attivi e altri sedentari. Tutti dovevano giocare con un avatar al pc. Sul video comparivano oggetti in movimento paradigmatici della pigrizia (poltrone, divani, amache, letti) oppure dello sport (racchette da tennis, scarpe da corsa, scale, palloni...). L’avatar doveva evitare il più rapidamente possibile gli oggetti che richiamavano la pigrizia e dirigersi verso i simboli del movimento. I partecipanti indossavano il caschetto per l’elettroencefalogramma, così da registrarne l’attività cerebrale: ogni volta che l’avatar doveva evitare i simboli della pigrizia il cervello del giocatore - indipendentemente dalle proprie attitudini - si «accendeva» più intensamente, consumando maggiori quantità di risorse.
Evitare la sedentarietà, quindi, ha un prezzo in termini di energie. «In particolare - spiegano Boisgontier e Cheval - sono due le aree della corteccia cerebrale ad attivarsi più intensamente, se tentiamo di sfuggire alla sedentarietà. Una è la corteccia frontale mediale, che ha un ruolo nella risoluzione dei conflitti interni e serve a risolvere il dissidio tra un’intenzione volontaria (come voler fare sport) e una modalità inconsciamente radicata (la sedentarietà). L’altra è la corteccia fronto-centrale, un’area a funzione inibitoria che spegne i comportamenti automatici inconsci».
I risultati - sottolinea Boisgontier - «mostrano che il cervello è, nel profondo, attratto da comportamenti statici». Per sfuggire al loro richiamo ci si deve impegnare. E allora la domanda è se sia possibile «riprogrammare» questa propensione innata. «Ogni automatismo è difficile da inibire, anche se lo vogliamo, perché avviene inconsciamente, al fuori dal nostro controllo - rileva Boisgontier -. Ma riconoscerlo è già un passo avanti».
Il meccanismo ha una ragione: da un punto di vista evolutivo è più conveniente risparmiare risorse cerebrali ed energetiche. «È stato un comportamento essenziale per la sopravvivenza dei nostri antenati, che dovevano procurarsi cibo e riparo ed evitare i predatori». Ma oggi il freno all’attività fisica non serve più e, anzi, nuoce alla salute. «Ora - concludono gli studiosi - sappiamo perché le politiche contro la sedentarietà non hanno funzionato».