sabato 6 ottobre 2018

La Stampa TuttoLibri 6.10.18
Jelinek: “Odiare senza alcun motivo è un morbo che continua a infettarci”
“L’odio senza motivo è un morbo invincibile”
Esce “Gli esclusi”, un crudo e profetico ritratto di giovani senza valori che credono solo nella violenza “La nostra Europa è in pericolo, riemergono vecchie tentazioni fasciste come ai tempi di Mussolini e Dollfuss”
di Mirella Serri


È notte fonda. Un uomo attraversa frettoloso lo Stadtpark di Vienna. All’improvviso alcuni giovani lo aggrediscono e gli sottraggono il portafoglio che contiene pochi spiccioli. I protagonisti del pestaggio, che avviene alla fine degli anni Cinquanta, sono quattro giovani tra i 18 e i 20 anni: il colto Rainer Maria - chiamato così in omaggio al poeta Rilke -, la gemella Anna Witkowski che è quasi completamente muta e che per comunicare usa senza remore il sesso, l’algida e ricca Sophie Pachhofen e Hans Sepp, di famiglia operaia, il cui padre comunista è stato ucciso a Mauthausen. L’obiettivo degli under venti non è solo la rapina. I ragazzi picchiano in maniera eccessiva e gratuita, spaccano costole e artigliano gli occhi: sono Gli esclusi, i protagonisti del feroce e terribile racconto del premio Nobel per la letteratura Elfriede Jelinek.
Un romanzo in cui la crudeltà stilistica e narrativa della Jelinek si confronta con tematiche durissime, come il reinserimento degli ex fedeli di Hitler in Germania e in Austria. I due gemelli Anna e Rainer Maria, infatti, sono figli dell’ex SS Witkowski. L’uomo, che non ha subito nessuna condanna per i suoi trascorsi, in guerra ha perso una gamba ma non ha mai perso la sua ferocia. La esercita in privato, scattando foto artistiche, come chiama i ritratti delle parti intime della moglie che, prima dei porno clic, sottopone a trattamenti così sadici da metterne a repentaglio la vita. La figlia Anna infierisce a sua volta su se stessa con pratiche masochistiche e pure Rainer ama farsi del male.
Nonostante il libro sia stato scritto negli anni Ottanta, è oggi più che mai attuale. Narra impensabili sacche di violenza che si aprono e rigurgitano i loro veleni contro le donne in un mondo apparentemente pacificato e tranquillo, denuncia la permanenza della mentalità hitleriana nell’immediato periodo postbellico e allude ai limiti di un mondo fatto di «esclusi» che volta possono rialzare la testa e ribellarsi. «Quello che conta è picchiare. E non si deve picchiare per odio ma senza alcun motivo» è il motto dei magnifici quattro.
Anche tutta la vita dell’autrice de La pianista, de Le amanti e de La voglia è stata segnata da soprusi e prepotenze. La madre della narratrice, appartenente alla ricca borghesia cattolica viennese, è stata, secondo la stessa romanziera, una personalità «dispotica e paranoica». Il padre, ebreo di professione chimico, ha evitato le persecuzioni naziste grazie al suo impiego in un industria di armamenti ma è stato devastato dalla malattia psichica. Elfriede, bambina prodigio in campo musicale, viene mandata in una scuola molto autoritaria (e sulle orme di Thomas Bernhard, autore prediletto, scrive il polemico saggio Andare a scuola è come andare a morire): per la sua vivacità considerata eccessiva viene chiusa dalle suore educatrici in un reparto di neuropsichiatria infantile.
Come è nato questo libro?
«Gli esclusi era nato come un radiodramma. Poi ho deciso di trasporlo in un romanzo e, infine, è diventato un’opera cinematografica. Mi sono ispirata a un caso di omicidio realmente accaduto a Vienna poco prima del Natale del 1965, andavo a scuola e tutti ne parlavano. Si trattava di un assassinio compiuto da un solo protagonista e non da un gruppo come invece accade nel mio racconto (in tutti miei romanzi sono narrati delitti effettivamente verificatisi e a volte sono così ben mascherati che nemmeno i sopravvissuti, che pure vi hanno preso parte, li riconoscono). Dopo aver studiato gli atti processuali ho inventato la figura di Sophie, ragazza ricca e viziata. La sorpresa più grande è stata che l’omicida durante il dibattimento disse di aver avuto nel delitto una partner appartenente a una classe sociale superiore. Ma era solo un frutto della sua immaginazione, come venne appurato durante il processo. Dunque, questo personaggio lo abbiamo inventato entrambi. Per me Gli Esclusi è sempre stata una storia paradigmatica della società austriaca del dopoguerra che aveva assolto se stessa da tutte le atrocità naziste e negato la propria colpa, catapultandosi in uno stato di permanente innocenza. E questa menzogna storica è durata a lungo».
I soprusi del passato hanno contagiato le generazioni più giovani?
«Ho descritto l’orrore di cui sono stati protagonisti i genitori, mai espiato ma percepito dai giovani che si sono resi conto dell’ipocrisia e della falsità di una società senza storia. In questo libro, inoltre, c’era anche un altro obiettivo: raccontare il futuro. Anna, Sophie, Rainer Maria e Hans sono i precursori della Baader-Meinhof, gruppo terroristico fondato nel maggio 1970 da Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin e Horst Mahler. Baader era impegnato in imprese criminali che ha cercato di nobilitare con le sue teorie politiche di estrema sinistra. Gli “Esclusi” sono i figli degli ex nazisti che si orientano verso il crimine individuale».
Le responsabilità delle famiglie diventano anche dolore e sofferenza che si incide sul corpo dei personaggi impotenti, anaffettivi o erotomani come Anna, una dei giovani carnefici. La gemella di Rainer, con il suo autolesionismo anticipa Erika Kohut, protagonista deLa pianista, insegnante di pianoforte, frequentatrice di locali a luci rosse. E’ così?
«Gli esclusi precorrono molte tematiche de La pianista. Anna, così dotata e geniale, non può realizzarsi all’interno della famiglia caduta in miseria ed emarginata. La frustrazione interna la spinge all’aggressione esterna. Anna partecipa alle rapine e alle torture delle vittime perché è innamorata di Hans, il figlio dell’operaio di sinistra che a sua volta desidera solo Sophie la quale lo tratta come un suo trastullo e passatempo. E’ abituata a giocare con tutto e con tutti, addirittura con l’assassinio, e non ha nulla da temere, la sua famiglia riuscirà sempre a tirarla fuori da qualsiasi situazione. Per Hans, Anna è un palliativo, lui punta a Sophie, così diversa».
Lei ha denunciato le carenze dell’Europa e un orientamento politico sempre più restrittivo nei confronti di migranti e di rifugiati. Vale anche per le scelte dell’attuale cancelliere austriaco, nonché presidente di turno della Ue, Sebastian Kurz, deciso a limitare il flusso migratorio verso l’Europa?
«Questo “orientamento” finora è costato la vita a migliaia di persone. Mai avrei immaginato di dover assistere a quanto sta accadendo ora in Italia, dove non si permette l’attracco alle navi di soccorso e si sostiene che i soccorritori saranno perseguiti. Emergono nuovamente le vecchie alleanze fasciste, esattamente come tra Mussolini e il cancelliere Dollfuss, entrambi fascisti e clericali. Mi ha sorpreso anche la déblacle della sinistra europea, sempre più screditata e con sempre meno presa sul territorio. Purtroppo gli elettori votano spesso contro i loro stessi interessi. Invece di difendersi dalla loro progressiva emarginazione si adeguano alla propaganda dei politici di estrema destra che usano i rifugiati e i richiedenti asilo come capri espiatori e li additano quasi fossero la più grande minaccia del mondo. Gli elettori si stanno dando da soli la zappa sui piedi perché anche in Austria i diritti politici per i quali ci si è strenuamente battuti vengono progressivamente smantellati. Al contrario di quanto avviene in Germania dove si ha un diverso atteggiamento. Forse perché consapevoli del terribile passato. Ma la cancelliera Angela Merkel oggi viene continuamente screditata e la destra estrema sta guadagnando sempre più terreno. E tutto questo si verifica anche in Ungheria, che procede in modo molto rigido e determinato, ma anche più a est, nella Repubblica Ceca e in Polonia, tutti paesi che si reggono su strutture autoritarie. Nessuno sembra poter porre rimedio a tutto ciò, visto che i partiti che sostengono queste posizioni sono arrivati al potere vincendo le elezioni. E sono sempre più collegati in rete tra loro. Sono molto preoccupata per le sorti dell’Europa. Con la crisi economica e la messa al bando dal mondo del lavoro e dal contesto sociale di un numero sempre più alto di persone, emergono sempre più tendenze criminali. Gli esclusi di ieri sono insomma uguali ai nuovi emarginati di oggi. A volte sono così disperata che vorrei soltanto mettermi a urlare, come un cane abbandonato».
Lei ha dichiarato spesso che la vita e la scrittura sono inconciliabili. La pensa così ancora oggi?
«Purtroppo è vero. In particolare per quanto riguarda le autrici. Devono portare troppi fardelli per essere libere di scrivere. Io, per esempio, non avrei mai avuto la forza per i bambini e per la scrittura. Non so cosa ne pensino oggi le giovani scrittrici. Alcune, probabilmente più che in passato, avranno l’energia, altre, come me, non l’hanno avuta».