Repubblica 6.10.18
L’intervento
Che cosa va difeso
Il conflitto dentro il quale ci troviamo, non è politico, e neanche ideologico-culturale: è epocale
Sull’Europa si concentra l’attacco alla democrazia
Ecco perché dobbiamo resistere e lottare contro la dissolzione
di Alberto Asor Rosa
Il
conflitto dentro il quale ci troviamo, senza sapere, almeno
all’apparenza, come uscirne, non è politico, e neanche, tout court,
ideologico-culturale: è epocale. E cioè prevede che due "sistemi", con
la loro complessità più o meno evidente e dichiarata, si fronteggino, e
che ognuno dei due non possa vincere e sopravvivere senza la totale
sconfitta e il deperimento più o meno rapido e sostanziale dell’altro.
Questo,
di cui parliamo qui, è un conflitto epocale, cioè "sistemico". Non sono
possibili mediazioni fra i due – di natura politica, ovviamente – né
una reciproca comprensione intellettuale, cioè ideologico-culturale. O
sopravvive l’uno, o sopravvive l’altro. Insisto, torno a insistere, come
ho già fatto altre volte. La materia del contendere, su uno dei due
corni del dilemma, è in questa fase storica (tornerò su questa
precisazione) la "democrazia rappresentativa". Per capirsi bisogna
entrare un po’ di più nel merito. La "democrazia rappresentativa" non è,
come in molti tentano di far credere, un governo isolato e arroccato
nelle aule parlamentari.
È un sistema estremamente complesso, nel
quale al privilegio delle aule parlamentari di promulgare leggi valide
per tutti si affiancano in maniera strutturale la separazione dei
poteri, l’autonomia organizzativa delle forze sociali e culturali, e
l’intangibilità, se non con processi di mutamento assolutamente meditati
e legali, degli apparati dello Stato. In un certo senso, ai nostri
avversari preme di più combattere e distruggere tutto il resto che la
contestazione della preminenza del voto nelle aule parlamentari. Dov’è
che l’attacco al sistema democratico rappresentativo, così come noi lo
intendiamo, attualmente più si concentra? Anche su questo non avrei
dubbi: è l’Europa. Come mai? Ma perché l’Europa in questo momento è il
luogo nel mondo in cui il sistema democratico rappresentativo,
nonostante enormi difficoltà, resiste e si oppone alla propria
dissoluzione. Altrove, pressoché ovunque, con qualche rara eccezione, il
sistema democratico rappresentativo è in crisi da anni, quando non sia
già sommerso dai flutti. La Russia di Putin è un caposaldo del
non-democratico rappresentativo. Gli Stati Uniti, che hanno
rappresentato dalle origini, insieme con l’Europa, l’altro caposaldo del
sistema, sotto l’impulso prepotente di Donald Trump, spingono anche
loro nell’altra direzione. Non è difficile arrivare a una conclusione,
per quanto sommaria: difendere l’Europa e difendere la democrazia
rappresentativa, così come l’abbiamo definita all’inizio, sono oggi la
stessa cosa.
Naturalmente, nessuno può pensare che questo basti
per impostare e vincere le battaglie politiche e ideologico- culturali,
che devono necessariamente scaturire dalla battaglia epocale. Ma la
battaglia epocale comporta parole d’ordine, alleanze, obiettivi, che
possono prescindere magari provvisoriamente da parole d’ordine,
alleanze, obiettivi, che sono o appaiono più specifici delle battaglie
politiche e ideologico-culturali. Se non si vince, o magari, più
semplicemente, non si decide di iniziare e combattere la battaglia
epocale, non ci saranno più né battaglie politiche né battaglie
ideologico-culturali. Ovviamente, a questo punto bisognerebbe cominciare
a dire come si fa a difendere il sistema democratico rappresentativo
dagli attacchi assassini interni ed esterni. Per ora penso si possa dire
questo. "Sovranismo" e "populismo" rovesciano contro il sistema
democratico rappresentativo la "massa" che il sistema democratico
rappresentativo, negli ultimi decenni, non si è curato di allevare,
educare,promuovere... e anche accontentare e soddisfare. Il sistema
democratico rappresentativo si è invece rinchiuso, autoprotettivamente,
nel cerchio delle sue certezze elementari – neoliberismo, autonomia
estrema, anche rissosa e prepotente, del proprio ceto politico, chiusura
elitaria nei confronti dei bisogni elementari della gente – e ha deciso
in un certo senso, più che di essere sconfitto, di suicidarsi (del
resto è sempre così che accade quando crolla un sistema, basti pensare
appunto all’avvento del fascismo e del nazismo in Italia e in Germania).
Dal
suicidio, com’è noto, è difficile tornare indietro. Ma altrimenti non
c’è via d’uscita. O si cambia registro o siamo nella peste. Infatti,
come ho già detto, con il "sovranismo" e il "populismo" non c’è
mediazione: si può soltanto lavorare per spazzarli via, se non si vuole
(o si cerca, anche questo, ahimé, è apparso possibile) essere spazzati
via.