giovedì 4 ottobre 2018

La Stampa 4.10.18
L’errore di Antigone
di Mattia Feltri


C’è qualche cosa di commovente in Mimmo Lucano, sindaco di Riace, che imbroglia le carte per salvare una prostituta nigeriana e offrirle un domani. Commovente al pari di Antigone, l’eroina di Sofocle che dà sepoltura al fratello contravvenendo alla legge di Creonte. Non è invece commovente Matteo Salvini quando blocca per giorni gli immigrati sulla Diciotti, ma in fondo non è molto diverso da Antigone e da Lucano: tutti e tre piegano le regole a un loro convincimento morale. Antigone rifiuta la legge scritta della democrazia contando di scamparla in nome della legge aristocratica degli dèi, Lucano per scamparla si muove di nascosto in nome della legge naturale dell’uomo, Salvini agisce allo scoperto e pensa di scamparla in nome del superiore volere del popolo. E poi rivendicano di farlo a fin di bene, ma non significa nulla, avanti di questo passo e fino all’abisso qualsiasi dittatura è stata fondata per un mondo migliore. Questa non è disubbidienza civile. La disubbidienza civile, quella di Marco Pannella e dei radicali, era ed è altro: è la violazione plateale e annunciata della legge proprio perché siano le conseguenze a stabilirne l’iniquità. Il problema è che Antigone aveva torto (ma pagò un prezzo spropositato), e hanno torto Lucano e Salvini: la loro forza morale non sfida la legge, la rovescia di prepotenza o la aggira col sotterfugio, e ognuno finisce col costruirne una su misura. Se, come diceva Lucano, l’idea personale di giustizia superasse l’idea collettiva di legge, avremmo sessanta milioni di codici penali in più e una democrazia in meno.