La Stampa 3.10.18
Sfida alla Ue e scadenze elettorali
di Marcello Sorgi
C’è
un evidente contenuto elettorale, rivolto alle elezioni europee del
prossimo maggio - ma anche verso possibili elezioni politiche anticipate
- nel modo in cui Di Maio e Salvini stanno conducendo lo scontro con
l’Europa, che ieri, per tramite dell’Ecofin e della Commissione, ha dato
un brusco altolà al governo italiano.
Il punto non è più la
difesa del 2,4 per cento del rapporto deficit-pil (anche se lo spread
ieri in apertura e in chiusura della giornata ha superato la
soglia-limite dei 300 punti), e neppure il dettaglio della manovra (più
investimenti, per favorire il negoziato con le autorità europee, o più
assistenzialismo, per realizzare gli obiettivi del contratto di
governo?), ma il modo in cui il braccio di ferro con Bruxelles viene
condotto. Se si cerca una strada per l’intesa, come sta facendo il
ministro dell’Economia Tria, non si delegittima l’interlocutore
insultandolo (Salvini ha trattato Juncker da ubriaco, Di Maio ha detto
che la Commissione non ha neppure l’uno per cento del consenso degli
elettori). Se invece si è convinti che l’Europa cederà perché non può
permettersi di comportarsi con l’Italia come con la Grecia di Tsipras,
si va avanti sulla linea dello scontro, come appunto sta facendo il
governo italiano, incurante che anche l’Austria, che ha i populisti
nella prossima maggioranza, e a cui tocca la presidenza dell’Ecofin,
abbia condiviso il “no” alla manovra italiana e il secco richiamo alle
regole di Maastricht.
Pur essendo convinti di sfondare, i
vicepremier potrebbero invece trovarsi di fronte a un’imprevista durezza
della Commissione per le stesse ragioni che motivano il loro
comportamento. La vigilia elettorale vale anche per gli europeisti, che
non possono permettersi di cedere né di negoziare più di tanto con i
sovranisti nostrani. Basterebbe guardare un po’ oltre il cortile di
casa, e valutare le rigidità emerse nel negoziato sulla Brexit, per
capirlo.