La Stampa 3.10.18
L’urlo disperato di Miss Iraq
“Vogliono ucciderci tutte”
di Giordano Stabile
Adesso
c’è anche Miss Iraq nel mirino dei killer misteriosi che in meno di un
mese hanno ucciso quattro irachene colpevoli di non starsene a casa, di
essere troppo «appariscenti» ed emancipate. Nel video postato su
Instagram Shaima Qassem, vincitrice del titolo nel 2015, ha rivelato di
essere stata minacciata di morte in un messaggio. «Tu sei la prossima»,
le hanno scritto, e Qassem ha preso l’avvertimento molto sul serio,
anche perché non è il primo. Ancora sotto choc per l’uccisione in pieno
giorno e in pieno centro a Baghdad della blogger e modella Tara Faris,
Qassem ha lanciato una richiesta di aiuto, fra le lacrime: «Ci
uccideranno tutte, soltanto perché siamo famose e appariamo nei media?
Se non li fermiamo, ci ammazzeranno come animali».
Sospetti di una banda organizzata
Nell’ultimo
mese oltre a Tara Faris sono state assassinate l’attivista per i
diritti umani Souad al-Ali, a Bassora, e due proprietarie di centri
estetici a Baghdad, molto conosciute anche sul Web, Rafif al-Yaseri e
Rasha al-Hassan. Il premier Haider al-Abadi ha ordinato un’«inchiesta a
tutto campo». Il governo sospetta che ci sia una banda organizzata, per
lo meno dietro i tre omicidi di Baghdad e alle minacce ricevute da altre
donne. I killer sembrano sceglierle in base al seguito sui social
media, la nuova frontiera della scontro fra i settori più conservatori
della società e le donne che rivendicano il diritto di vivere e vestirsi
come pare a loro.
Shaima Qassem ha 2,7 milioni di seguaci su
Instagram. Tara Fares ne aveva tre milioni. «Una martire», l’ha definita
la reginetta di bellezza, un termine che in Iraq indica una persona
disposta a dare la propria vita per una causa. La battaglia è in corso, i
sostenitori di Shaima, di Tara, notano come nelle tv principali le
donne assassinate vengono ancora criticate per suo stile di vita
«eccessivo», le foto sexy postate sul Web, come se fossero
giustificazioni a ucciderle.
Già minacciata nel 2015
Qassem
era già stata minacciata di morte dall’Isis nel 2015, subito dopo aver
vinto il titolo. Quella volta gli islamisti l’avevano chiamata al
telefono: «O ti converti, o lasci l’Iraq, o morirai». Questa volta però
non è chiaro che gruppo o banda ci sia dietro l’ondata di violenze.
Per
Haana Edward, fondatrice della Ong Al-Amal, la Speranza, gli omicidi
sono «un messaggio prima di tutto alle attiviste, poi a tutta la
società, un modo per costringere le donne a stare zitte e restarsene a
casa».