Il Fatto 3.10.18
Belle da morire: chi uccide le influencer d’Iraq?
Serial killer - Una blogger, un’attivista, una chirurga e un’imprenditrice eliminate in poche settimane
di Michela A. G. Iaccarino
Con
il trucco pesante, tatuaggi e rossetto, linguaccia dei Rolling Stone
sulla maglietta, aveva sempre l’aria frivola e spensierata, ma chissà se
Tara Fares lo era davvero. Centinaia di selfie, decine di abiti, star
dei social media, 22 anni. Miss Bagdad è stata uccisa. Tra le nuvole
umide della capitale irachena un uomo si è avvicinato alla sua Porsche e
le ha sparato.
Libanese la madre sciita, cristiano il padre
iracheno. Fara viveva ad Erbil, con perenne mascara e tacco 12. Lontano
da quel Medio Oriente di guerra e violenza, quelle foto da ragazzina
ammiccante che postava continuamente non si sarebbero neppure notate,
uguali a migliaia di altre. Ma se sei donna, puoi morire di bellezza in
Iraq. Tara è stata ammazzata, ma il suo profilo con due milioni e
800mila followers è rimasto on line. Come la sua vita, anche la sua
morte ora è virale, ripresa dalle telecamere di sicurezza della città.
Se
l’omicida voleva uccidere lei o la sua immagine, o entrambe, non lo
sanno i fan che ora la piangono, e nemmeno gli haters che di continuo la
insultano, approvando la fine da “puttana che meritava”. Nessuno li
ferma. Il web iracheno è spaccato a metà, tra lutto e oscena derisione,
come la società stessa, polarizzata alle elezioni, dove per la prima
volta nella storia si è candidata una donna alla presidenza: Sarwa Abdel
Wahid.
Bellezza o libertà civile: per le donne è comunque
tragedia corale. Tara aveva 22 anni, Suad al Ali ne aveva 46. Da Bagdad
la liturgia mortale si è ripetuta uguale a Bassora, città senza acqua né
elettricità, solo proteste quotidiane. Un’altra donna uccisa al
volante: anche Suad, attivista politica, è stata ammazzata in auto,
avvicinata da un motociclista che in pochi secondi le ha tolto la vita.
Dispotismo patriarcale riassunto nel piombo di un proiettile. Tara è stata uccisa per le sue immagini, Suad per le sue parole.
Sono
state ritrovate cadavere in circostanze misteriose nelle loro case,
senza causa di morte certa, ma solo ipotesi circondate da pettegolezzi,
altre due donne bellissime lo scorso agosto: Rasha al Hassan era la
direttrice della clinica di bellezza Viola, Rafifi al Yasiri, 32 anni,
era un chirurgo estetico, quella dottoressa che tutti chiamavano in tv
la “Barbie irachena”. Praticava, viveva e propagandava apparenza come
inizio dell’indipendenza femminile.
Queste donne non si
conoscevano, ma in comune avevano volti noti, capo svelato e testa alta
in una società profondamente maschilista. Tutte sono state fagocitate e
spente da odio ignoto, per finire dai social alle sezioni di cronaca
nera dei quotidiani iracheni.
La mano armata è dei fondamentalisti? Della criminalità organizzata?
Sono
quattro scie di sangue distanti, morti lontane l’una dall’altra in
città diverse, ma ricongiunte nelle parole del primo ministro Haider al
Abadi: “C’è un piano comune dietro questi crimini”. Gli stralci di
indizi sono da riunire in un filone unico, ha ordinato il premier ai
responsabili del ministero degli Interni e ai servizi segreti.
Nel
paese di guerra, dove la sopravvivenza non è mai stata certezza per
nessuno, adesso anche Miss Iraq ha paura, perché dopo la morte di Tara è
stata minacciata di morte. Lo ha raccontato lei stessa, in un video che
ha postato due giorni fa on line.