La Stampa 30.10.18
Austerità, armi libere e militari al potere
Ecco la ricetta di Bolsonaro per il Brasile
di Emiliano Guanella
«Più
Brasile e meno Brasilia» per Jair Bolsonaro, che già questa settimana,
però, dovrà affrontare i meandri politici della capitale per iniziare a
disegnare la sua squadra di governo. Sebbene si sia presentato come il
candidato anti-sistema, Bolsonaro conosce alla perfezione il «mostro»
burocratico da dove si controlla la politica brasiliana; è stato
deputato per 28 anni di fila, passando da nove partiti differenti,
compreso quel PP (partito progressista, anche se in realtà è di destra)
che si è alleato con Lula da Silva e Dilma Rousseff e ha fatto parte
dello schema di corruzione della Petrobras.
Bolsonaro ha promesso
di fare piazza pulita della vecchia politica di favori e alleanze, il
«toma là da cà» (prendi questo, dammi quello) che da sempre regna nei
corridoi dei palazzi progettati da Oscar Niemeyer. «Ci impegniamo - ha
detto - a snellire lo Stato, a liberarlo dalla burocrazia e dalla
pressione fiscale enorme sui cittadini che non ricevono nulla in
cambio».
Pensa ad austerità, rigore e disciplina militare, tanto
che ha già ipotecato almeno quattro ministeri a generali o ex generali;
Difesa, Trasporti, Educazione e Scienza e Tecnologia. «I militari - ha
spiegato - sono meno corrompibili perché i civili hanno sempre paura
delle uniformi».
Dalle promesse ai fatti
Dopo le promesse e
le fake news di campagna adesso è giunto il momento di pensare a cosa
fare nei primi 100 giorni, approfittando della luna di miele data dai
mercati. Il Brasile è fermo, dopo la recessione del 2015-2016 la
crescita è troppo lenta, non si può perdere tempo. Bolsonaro ha delegato
la «questione economica» al neoliberista Paulo Guedes, ex banchiere,
scuola di Chicago Boys e garante del governo davanti agli operatori
finanziari. Guedes ieri ha spiegato che uno dei primi obiettivi del 2019
sarà quello di azzerare il deficit fiscale, pari oggi al 8% del Pil. Il
primo scoglio è la necessaria riforma della previdenza, ma per
Bolsonaro non sarà facile visto che dovrà toccare anche gli enormi
privilegi dei militari, che in alcuni casi vanno in pensione a 50 anni.
I limiti del budget
L’ex
capitano vorrebbe investire molto su sicurezza e infrastrutture, ma
deve fare i conti con le ristrettezze della finanziaria 2019. La spesa
pubblica rappresenta il 19,3% del Pil e il 93% sono spese obbligatorie
che non si possono toccare; in cassa da spendere ci saranno poco più di
25 miliardi di euro, non l’ideale per un governo che inizia. Nel toto
ministri ieri è circolato anche il nome di Sergio Moro alla Giustizia.
Moro è il cervello della Mani Pulite brasiliana ed è stato il grande
accusatore di Lula da Silva; non ha mai nascosto le sue simpatie di un
«cambiamento generale» del sistema politico, ma andare al governo
sarebbe per lui una mossa forse troppo azzardata.
L’alternativa potrebbe essere un posto alla Corte Suprema, visto che Bolsonaro potrà nominare due giudici.
Più vicino a Donald
In
politica estera si dà per scontato il riconoscimento di Gerusalemme
capitale d’Israele e un maggiore avvicinamento con gli Stati Uniti di
Donald Trump, che ha chiamato per congratularsi. I primi viaggi
ufficiali del neo presidente del Brasile saranno in Cile e, per
l’appunto, negli Stati Uniti. All’Italia Bolsonaro ha promesso
l’estradizione di Cesare Battisti, ma il caso è fermo alla Corte Suprema
e, almeno per i prossimi mesi, non dipenderà molto da lui.
Tra i
progetti considerati prioritari c’è la liberalizzazione del porto
d’armi; per farlo basta una maggioranza semplice nel Congresso e la
lobby dei fabbricanti capitanata dalla brasiliana Taurus, le cui azioni
ieri sono schizzate in Borsa, ha già pronto il progetto di legge. Più
complesso, invece, l’iter per ridurre l’età punibile per legge da 18 a
16 anni, che richiede di una maggioranza di tre quinti dei parlamentari.
Il pallottoliere mostra oggi 108 deputati fedelissimi a Bolsonaro, 165
all’opposizione e ben 240 deputati di centro pronti a pendere da una
parte o dall’altra secondo l’opportunità. Il famoso «centrao» è composto
da una dozzina di partiti che sarebbero disposti ad appoggiare il
governo ma che difficilmente lo faranno gratuitamente. Bolsonaro ha
ripetuto più volte che non farà accordi sullo stile della «vecchia
maniera» e ha promesso che ridurrà il numero di ministeri dagli attuali
27 a 15. Ma sarà davvero difficile ottenere l’appoggio di tutti senza
scontentare nessuno.