martedì 30 ottobre 2018

La Stampa 30.10.18
Sos depressione: troppi ne soffrono ma pochi lo sanno
di Nicla Panciera


Dopo aver rapidamente percorso tutte le tappe, Luca R., 55 anni, è quasi all’apice della carriera, ma, quando gli viene offerta un’ultima promozione, rifiuta. Poi, costretto ad accettare, d’improvviso non riesce più a lavorare. Irene G., 85 anni, ex impiegata, ha perso il marito e ora sembra un’altra donna. È irriconoscibile.
La depressione colpisce tutti: dai giovani agli anziani, dopo un lutto o dopo grandi successi. E soprattutto le donne. Chi ne soffre «non si sente inserito nel mondo. La percezione è quella di uno spettatore», confessa una paziente. Un senso di estraneità che non passa, un’apatia devastante e logorante. Eppure, si può uscire dal tunnel.
È questo il messaggio della Società Italiana di Psichiatria, la Sip, riunita a Torino. «La depressione, ancora oggetto di stigma, è spesso negata da chi ne soffre o confusa con stati d’animo passeggeri - spiega Bernardo Carpiniello, presidente della Sip e direttore della psichiatria dell’Università di Cagliari - ma ha pesanti ripercussioni sul piano personale, affettivo-familiare, socio-relazionale e lavorativo, tanto da essere la principale causa di assenteismo al mondo». E dell’80% dei suicidi.
Emergenza globale. Secondo l’Oms, i disturbi mentali, che in Italia colpiscono 17 milioni di persone, sono destinati a superare per incidenza le malattie cardiovascolari, oggi al primo posto. Le depressioni sono le più diffuse e nel nostro Paese sono cresciute del 20% e sono in aumento anche i disturbi d’ansia e i disturbi bipolari. La psichiatria, intanto, entra nell’era della medicina di precisione, con nuove molecole di elevata efficacia terapeutica e una maggiore attenzione alla vulnerabilità di ciascuno così come ai tratti caratteriali e di personalità.
Vuoto di trattamento. Solo il 27% delle persone affette da depressione maggiore nei Paesi ad altro reddito riceve un trattamento adeguato e la percentuale, in Italia, scende al 17%. «Da una parte, non la si percepisce come patologia, ma è ancora confusa con uno stato passeggero di melanconia - spiega Bernardo Carpiniello - e, dall’altra, quando anche si capisce di avere un problema, spesso non si ricevono le cure adatte».
Non solo farmaci. Le psicoterapie aiutano e possono sostituirsi o affiancarsi alle terapie farmacologiche, facendo un lavoro tecnico di sostegno emotivo e di «counseling». «I criteri internazionali prevedono un approccio psicoterapeutico per le forme lievi e sottosoglia - aggiunge Carpiniello -. I casi complessi e cronici, invece, necessitano di un trattamento integrato». Ma come orientarsi tra le varie scuole? «Non è facile, sono un centinaio, però ci sono studi che ne valutano l’efficacia e gli psichiatri possono consigliare. Le terapie cognitivo-comportamentali, per esempio, sono efficaci, abbiamo invece dati meno robusti sulle psicodinamiche brevi».
Le patologie correlate. Spesso si pensa che una malattia dolorosa, invalidante o cronica esponga chi ne soffra al rischio di depressione. Questo è vero, ma vale anche l’inverso: la depressione colpisce l’intero organismo, sottolinea Claudio Mencacci in «Viaggio nella depressione. Esplorarne i confini per riconoscerla e affrontarla» scritto con la giornalista Paola Scaccabarozzi e uscito per Franco Angeli. La depressione aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e triplica la probabilità di infarto e, quando è presente, peggiora tutte le condizioni: aumenta di 3-4 volte la mortalità a distanza di 6 mesi da un infarto e raddoppia il rischio di mortalità per complicanze dopo un ictus. Tutto ciò ha a che fare con l’infiammazione e le alterazioni dell’organismo, dice Mencacci: «Aumento del cortisolo, iperattività dell’asse talamo-ipofisario- surrene, ma anche effetti sul sistema immunitario, sull’aggregazione piastrinica, sulla funzione endoteliale e a livello della tiroide».
Intervenire subito. Per evitare questa pericolosa progressione ci vogliono diagnosi precoce e intervento tempestivo. Se non trattata, infatti, la depressione può andare incontro a una remissione dei sintomi spontanea, ma temporanea. Poi ricompare. Perché, «dopo due episodi di ricaduta, la probabilità che se ne ripresenti una terza è del 90% e a quel punto la patologia è cronicizzata e le armi in nostro possesso sono indebolite e la prognosi aggravata», aggiunge Carpiniello.
Gli psichiatri fanno anche un mea culpa: «Dobbiamo spiegare gli effetti collaterali dei farmaci per evitare sospensioni e fai-da-te che si traducono in un fallimento della cura - dice il presidente eletto della Sip Enrico Zanalda, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl To3 -. Bisogna addestrare il paziente a riconoscere i campanelli di allarme e aiutarlo a conoscersi».