domenica 28 ottobre 2018

La Stampa 28.10.18
Sánchez, l’anti-Salvini
“La mia Europa non sfrutta la paura”
di Francesco Olivo


«In primavera si deciderà il futuro dell’Europa». Nella sala il boato è ancora in corso, Pedro Sánchez, star insospettabile fino a pochi mesi fa, ringrazia, forse persino stupito e scappa verso l’auto che lo porta in aeroporto. La visita lampo a Milano sta per finire, una giornata con una parte istituzionale, incontro con il sindaco Giuseppe Sala e l’Alto commissario Federica Mogherini, e una politica, con l’intervento al «Forum per l’Italia» del Pd. Gli applausi di una platea in cerca di punti di riferimento, Sánchez è uno dei rarissimi capi di governo socialista, lo confortano e responsabilizzano: «Il mio ruolo ora è quello di iniettare ottimismo - spiega prima di tornare a Madrid - il progetto europeo non è affatto finito».
Allusioni senza citazioni
L’ordine di scuderia è chiaro: evitare lo scontro diretto con il governo italiano. Salvini non viene mai citato, «vogliamo dare un messaggio di ottimismo» sottolinea, «dobbiamo rispettare i suoi elettori», spiegano fonti della Moncloa. «L’Europa ha bisogno dell’Italia», insiste Sánchez con tono di chi include. Ma non serve molta fantasia per capire quale sia la «forza reazionaria che genera sofferenza alla società», o «gli estremisti che sanno solo calunniare e insultare, senza avere alcun progetto per il Paese». La Spagna al contrario è l’esempio di chi «non sfrutta la paura e l’odio per mettere frontiere». La polarizzazione, con un occhio alla campagna delle Europee di primavera, è già nelle cose, con due modelli alternativi: da una parte la Lega, dall’altra i socialisti spagnoli. Tra Roma e Madrid c’è un rapporto puramente istituzionale che tende alla freddezza, tanto che ieri il premier spagnolo non ha incontrato alcun esponente dell’esecutivo, a differenza di quanto avvenuto, per dirne una, con la visita (ugualmente non ufficiale) di Viktor Orban un mese fa, ricevuto con grande enfasi da Matteo Salvini in prefettura.
La relazione dell’Italia con il governo socialista, d’altronde, è partita male: Sánchez appena arrivato alla Moncloa, decise di accogliere l’Aquarius, la nave di migranti rifiutata dall’Italia. E ieri ha rivendicato quella mossa che irritò Roma: «La vita di un essere umano che rischia di annegare nel Mediterraneo riguarda tutti. Per questo la Spagna accolse l’Aquarius. Ci sentiamo solidali con i rifugiati e con un popolo nostro fratello come l’Italia e chiediamo ai governi europei la stessa solidarietà». La voglia di esibire una distanza siderale dall’Italia di Lega e M5S era già emersa qualche ora prima, nell’incontro a Palazzo Marino con il sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Ha fatto diventare la sua città un punto di riferimento di integrazione e apertura» sottolinea Sánchez.
La platea del Pd, in cerca di punti di riferimento, si infiamma. Federica Mogherini lo ringrazia pubblicamente: «Pedro, stai mostrando il volto migliore dell’Europa». Il segretario Martina lo celebra: «Sei una speranza per l’Europa». Lui risponde: «So cosa sono le difficoltà: pochi mesi fa si diceva che non ci sarebbe mai più stato un governo progressista in Spagna, e invece eccoci qui».
Niente fronte con Macron
La smania di Sánchez di mettersi alla testa degli avversari del populismo, non implica però un’adesione al progetto «frontista». La sacra alleanza contro la destra xenofoba non è nella testa del premier spagnolo, che nonostante l’età (46 anni) è un socialdemocratico classico e molto difficilmente farà parte di un’alleanza con Macron (più legato quest’ultimo a Ciudadanos, il partito di centrodestra all’opposizione in Spagna). Pedro ritorna a casa, felice dell’accoglienza: «Questa è l’Italia che non si rassegna alla paura».