La Stampa 26.10.18.
Monsignor Vincenzo Paglia
“Non tocca a noi fare il lavoro sporco della morte”
di Andrea Tornielli
«Dobbiamo
fare attenzione a non sostituirci alla morte, facendo noi il suo lavoro
sporco…». Il vescovo Vincenzo Paglia, presidente dell’Accademia per la
Vita, ha seguito il caso del suicidio di Fabiano Antoniani, in arte dj
Fabo, accompagnato a morire in Svizzera dal radicale Marco Cappato che
si è autodenunciato è stato chiamato a rispondere di istigazione e aiuto
al suicidio. E commenta la decisione della Corte Costituzionale che ha
rimandato all’anno prossimo il suo pronunciamento sull’articolo 580 del
Codice penale, invitando il Parlamento a legiferare sull’argomento.
Che cosa pensa della decisione della Corte?
«Staremo
a vedere, è interlocutoria. Io ritengo che una cosa sia il ruolo di
Marco Cappato nell’accompagnare dj Fabo al suicidio, un’altra chiedere
l’abolizione dell’articolo del codice che parla dell’istigazione e
dell’aiuto al suicidio. Credo vi siano delle ragioni perché
quell’articolo venga mantenuto».
E quali sono, a suo avviso?
«Come
possiamo escludere che non vi possano essere casi di vera e propria
istigazione al suicidio da parte di persone che possono avere, ad
esempio, interessi economici nel far terminare la vita di un parente
malato? O casi in cui il suicida è stato magari con poca lucidità
aiutato nel vero senso della parola a togliersi la vita, quando invece
c’erano margini per un esito diverso? Insomma, stiamo giocando con un
bene inestimabile e preziosissimo, e dobbiamo fare attenzione e non fare
noi il lavoro sporco della morte. Noi dobbiamo aiutare la vita,
dobbiamo aiutare le persone a vivere».
Ha seguito il processo a Cappato?
«Non
ho seguito attentamente il processo e non vorrei pronunciarmi. Rispetto
la sentenza dei giudici di Milano che lo hanno assolto. Ma non sono
convinto che per questo sia necessario dichiarare incostituzionale
l’articolo del codice penale che riguarda l’istigazione al suicidio».
Perché, secondo lei, non va dichiarato incostituzionale?
«Come
ho detto, non possiamo ipotizzare che l’unico caso possibile sia quello
all’origine della discussione odierna. Cappato ha accompagnato dj Fabo
ma credo che fino all’ultimo dj Fabo abbia avuto la possibilità di
decidere se andare fino in fondo con il suo gesto».
Che cosa ci insegna questa vicenda?
«La
vita è un dono, va custodita, sostenuta, aiutata e sempre difesa: vale
per la vita di chi deve nascere, per la vita di chi è condannato a
morte, per quella di chi è condannato dalla fame, per quella di chi è
condannato dalla violenza. Quando ci troviamo di fronte a una persona
determinata a mettere fine alla sua vita, siamo davanti a una sconfitta.
Non solo per lui, che purtroppo ha sentito di non farcela a vivere, ma
anche per noi tutti, per la nostra società che non è stata capace di
rispondere. Il grido di qualcuno che decide di suicidarsi è comunque una
grande domanda di amore, di senso della vita. Dobbiamo fermarci a
riflettere su questo, al di là degli steccati ideologici. E
possibilmente suggerire soluzioni che non vengano assunte sempre sulla
scorta delle emozioni o del caso di cronaca».