martedì 23 ottobre 2018

La Stampa 23.10.18
Una full immersion nel dramma delle leggi razziali
di Ugo Magri


«Brava gente» fino a un certo punto. Qui in Italia si sono commesse infamie che la mostra al Quirinale su «1938: l’umanità negata» fa rivivere con intensità emotiva. Racconta le leggi razziali nei panni di chi le subì, gli ebrei, e di chi girò gli occhi dall’altra parte (la massa indottrinata dal fascismo). Fa letteralmente immergere dentro quel dramma, attraverso una sequenza di installazioni che in mezz’ora trasportano il visitatore dalle piazze esaltate di Mussolini ai cancelli del campo di sterminio per eccellenza, Auschwitz. Chi fosse interessato alle testimonianze d’epoca ne troverà alcune agghiaccianti: ad esempio, il primo numero della rivista che propagandava l’odio contro gli ebrei, La difesa della razza. Ne è rimasto un unico esemplare, un po’ sgualcito, esposto insieme con il fonogramma della Questura in cui si confermava, con burocratica freddezza, la partenza dalla stazione Tiburtina dei «28 carri di ebrei» rastrellati a Roma il 16 ottobre 1943. Su un migliaio, ne ritornarono vivi meno di 20.
La mostra apre oggi i battenti e li chiuderà il 27 gennaio. L’ha voluta Sergio Mattarella nel palazzo che è simbolo dell’unità nazionale: per prenotare basta collegarsi al sito www.quirinale.it dove sono indicati giorni e orari. I curatori sono Giovanni Grasso, portavoce del Presidente, e Paco Lanciano, grande esperto di percorsi multimediali. La forza di questa iniziativa sta proprio nella capacità di coinvolgere anche chi, in età scolastica, apprende meglio attraverso luci, suoni e percezioni quasi fisiche come quella che si prova nella sala del vagone piombato: lì ci si immedesima in quanti venivano portati nei lager. La voce narrante, dell’attore Francesco Pannofino, tradisce a tratti commozione e sdegno. Ma sono soprattutto un paio di filmati a rendere straordinariamente efficace la mostra: narrano in parallelo due famiglie romane nella loro quotidianità. Una delle due, di origine ebraica, viene di colpo inghiottita dalle persecuzioni. L’altra, non ebrea, continua la sua vita tranquilla. Per dirla con Primo Levi: «Conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare».