La Stampa 20.10.18
Leggi razziali del 1938
Dagli schedari torinesi gli elenchi della vergogna
di Andrea Parodi
Iniziarono
dai bambini, elencandoli. Le date riportate sui documenti sono crudeli
testimoni di un tempismo studiato a tavolino. Pochi giorni prima
dell’inizio delle lezioni, giusto in tempo per impedirgli l’accesso alle
classi con i loro compagni ariani.
Cominciò così a Torino, dai
più deboli, nell’agosto 1938, la compilazione delle «liste di
prescrizione ebraiche». Fino al 1942 i dipendenti del Comune di Torino
trascrissero a mano, aggiornandoli di continuo, tre grandi volumi con la
copertina color amaranto. All’interno erano elencati nomi, indirizzi,
dati personali. Dei bambini, ma soprattutto degli adulti. Sul
frontespizio era riportato un titolo generico: «Rubrica Denunce
appartenenza razza ebraica e discriminazioni». Di fatto era il crudo
elenco con il quale il Comune divise i torinesi tra «noi» e «loro». Si
trattava di 4.500 profili biografici su 700.000 abitanti, pari allo
0,65% della popolazione torinese.
Da lunedì - e per la prima volta
- l’Archivio Storico della Città di Torino esporrà al pubblico, in una
toccante mostra curata da Maura Baima, Luciana Manzo e Fulvio Peirone,
la documentazione originale delle leggi razziali del 1938. Lo fa
nell’ottantesimo anniversario dell’emanazione del provvedimento fascista
ma, soprattutto, perché sono scaduti i termini di legge temporali per
la loro diffusione pubblica. Il loro valore storico è importante
soprattutto perché la documentazione storica della Comunità ebraica
torinese non è completa. È andata perduta con il bombardamento della
Seconda guerra mondiale del 20 novembre 1942, che danneggiò anche la
sinagoga.
Le liste che arrivarono dalle singole scuole torinesi di
ogni ordine e grado sono quelle che colpiscono di più. Vennero vergate a
mano, con la calligrafia precisa di maestri e insegnanti. Compilarono
obbedendo, escludendo i loro allievi dalla possibilità di istruirsi. Le
liste giunsero alla «Divisione stato civile e statistica» del Comune di
Torino. Contenevano l’elenco degli studenti che avevano richiesto di non
avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Perché
agnostici, perché valdesi, perché ebrei. Su quest’ultima informazione,
una volta arrivata agli uffici comunali, scattava l’inserimento nella
lista più terribile: quella dei volumi color amaranto.
Questi tre
libroni, aperti e consultati per tutti gli anni della guerra dai
gerarchi fascisti per procedere al loro allontanamento dalla vita
civile, nonché fonte preziosissima dal 1943 per poterli catturare, sono
adagiati in una vetrina e proposti al pubblico. Li ha sistemati qui
Luciana Manzo, dedicando per mesi, con grande attenzione e cura, le
ricerche nell’allestimento di una sezione che urla la più grande
vergogna della storia d’Italia post unitaria. I tre volumi non si
possono sfogliare, ma si possono leggere.
In questi «elenchi della
vergogna» ci sono alcuni dei cognomi più famosi e influenti della
Torino dell’epoca, nonché torinesi illustri: lo scrittore Primo Levi, la
scienziata e premio Nobel Rita Levi Montalcini, il chirurgo fondatore
dell’ospedale Cto Simone Teich Alasia, l’avvocato Bruno Segre, che
proprio l’altro giorno, dall’alto dei suoi cento anni appena compiuti,
l’ha sfogliato con emozione ritrovando il suo nome.
Un terribile
grafico disegnato a mano con i colori nero e rosa illustra con
pragmatica crudezza una metodologia per determinare il grado di purezza
ebraica. Che è pari al 100% per gli appartenenti a famiglie ebraiche che
risiedevano a Torino già nel 1845. Dal 17 novembre del 1938 quella
lista divenne formalmente una prescrizione. Anche nel lavoro. Un
documento datato 24 febbraio 1939 riportava le aziende torinesi che
venivano depennate dall’elenco dei fornitori della civica
amministrazione. Tra queste compariva la Ceat, fabbrica di cavi
elettrici di proprietà dell’ebreo Virginio Tedeschi, il nonno di Valeria
e Carla Bruni Tedeschi.
La mostra «Torino sotto attacco. Dalle
leggi razziali alla Liberazione» rimarrà aperta dal 22 ottobre al 26
aprile 2019 all’Archivio Storico della Città di Torino (via Barbaroux,
32) con ingresso gratuito, dal lunedì al venerdì con orario 8,30-16,30.
Sono previste aperture straordinarie il sabato con cadenza mensile. Per
info: 011.011.318.11. www.comune.torino.it/archiviostorico/