sabato 20 ottobre 2018

La Stampa 20.10.18
Fico tesse la rete a sinistra per ritagliarsi un ruolo futuro
di Fabio Martini


Quel che Luigi Di Maio non può dire, perché altrimenti cadrebbe il governo, lo dice ancora una volta il presidente della Camera, che è anche la terza carica dello Stato. Roberto Fico ieri era nella sua Napoli, per un convegno sui 50 anni dell’ospedale evangelico Betania e da lì ha punzecchiato il capo della Lega. Il condono che tanto sta a cuore a Salvini? «Se rimane, mi sembra ovvio che ci sia un problema». Un’alleanza strategica quella tra Cinque Stelle e Lega? «Si agisce all’interno di un filo rosso che è quello del contratto, perché se fossimo stati uguali alla Lega, ci saremmo candidati con loro. Ma noi non siamo uguali alla Lega e non ci candideremo assieme a loro». Salvini sostiene che Fico - come Fini e Bertinotti - fa il presidente della Camera in modo poco istituzionale? Roberto Fico risponde: «Se Salvini vuole parlare con me lo faccia sui contenuti e non dicendo “Fico faccia il presidente della Camera”. Quello che dico io è da istituzione, ma il background appartiene alla nascita e alla costruzione del M5S».
In realtà nelle prossime ore Roberto Fico parteciperà, come militante, al raduno dei Cinque Stelle al Circo Massimo, con un’interpretazione interventista del suo ruolo istituzionale simile a quello di Gianfranco Fini e di Fausto Bertinotti, piuttosto che a quello super partes di Sandro Pertini, Nilde Iotti e Pietro Ingrao. Ma ancora una volta le esternazioni di Fico - per quanto sempre soft e mai urticanti - riaprono la ridda di illazioni su un possibile suo ruolo sullo scacchiere politico, nel futuro diverso da quello attuale.
Capofila dell’ala dei Cinque Stelle che punta ad un clamoroso ribaltone, ad un cambio di maggioranza, che arrivi alla sostituzione della Lega con il Pd? Oppure, in caso di big bang, aggregatore di un’area di sinistra radicale assieme al sindaco di Napoli De Magistris, al sindaco di Riace e magari a Roberto Saviano? Il presidente della Camera è legato da un rapporto di stima e amicizia con Beppe Grillo e con Davide Casaleggio, un legame che fa escludere ai vertici politici dei Cinque Stelle l’ipotesi più clamorosa: che Fico possa alimentare una fronda, vestendo i panni dell’eterodosso: «Non è nella sua natura e nella sua volontà», sussurra uno dei big pentastellati più vicini a Luigi Di Maio.
Quel che Roberto Fico, da 5 mesi oramai, sta coltivando è un’operazione diversa: ritagliarsi un ruolo protagonista come capo riconoscibile e percepibile dell’area di sinistra del Movimento, un ruolo che interpreta senza snaturarsi, visto il suo passato come militante dell’estrema sinistra sociale nella sua Napoli. E nel coprire questo ruolo di capo-area della sinistra replica, sia pure inconsapevolmente, uno schema di gioco tipico della Dc, che copriva un arco politico vastissimo, accogliendo personaggi di sinistra vicini al Pci e altri di destra, vicini ai liberali e ai missini?
Sorride Paolo Cirino Pomicino, uno dei notabili dell’ultima Dc e napoletano come Fico: «Certo, lo schema è proprio quello. Diciamo però che Fico copre lo spazio di sinistra in modo flebile, senza spessore. Noi avevamo Moro e Scelba, il Pci Amendola e Ingrao, qui siamo su un altro livello. E comunque l’unica alternativa a Di Maio in termini di radicalità è Di Battista». Ma intanto è proprio come capo-area che in questi mesi Fico ha incarnato un ruolo che il suo amico Di Maio non poteva coprire: quello dell’anti-Salvini.
I rapporti con Cgil e Msf
Prima dell’estate Fico aveva avviato senza clamori una serie di incontri di «tendenza» (Cgil, Medici senza frontiere, Amnesty) e il tutto era culminato in dichiarazioni controcorrente rispetto alla narrazione salviniana sul fronte migranti: «Chi fa solidarietà ha tutto il supporto dello Stato». Oppure: «Anche nel Mediterraneo vanno supportate le persone e le organizzazioni che aiutano gli altri».
Un’interpretazione «partigiana» che non gli ha impedito di riscuotere simpatia negli ambienti istituzionali. Nelle ore nelle quali Luigi Di Maio aveva sposato la linea dell’impeachment contro il presidente Mattarella, Fico ha svolto un ruolo di mediazione, apprezzato al Quirinale.
Bankitalia e Quirinale
E ha trovato silenziosa simpatia anche in un altro ambiente distantissimo dalla sua cultura: alla Banca d’Italia hanno gradito la sua presenza alle Considerazioni del Governatore. Un apprezzamento che non si traduce in un investimento: ieri sera nel Palazzo nessuno era pronto a giocarsi mezza fiche su un esecutivo Fico con l’appoggio di un Pd a quel punto dilaniato e con Salvini all’opposizione a gridare «traditori».