La Stampa 1.10.18
Simone Andreotti esperto di aiuti ai migranti
“Servono appalti trasparenti e la modifica dell’automatismo dei 35 euro a ospite”
A.P. R.Z
«Per
migliorare il sistema bisogna abbandonare l’idea dei 35 euro a
persona». Sentirlo dire da una Onlus che si occupa di accoglienza può
suonare strano, ma l’idea di Simone Andreotti, presidente di
InMigrazione, ha una sua logica: se lo Stato promette a tutti, centri
enormi e piccole realtà, la stessa cifra questo non può che portare alla
creazione di centri di accoglienza colossali, dove girano troppi soldi,
molti appetiti, poca integrazione ed enormi problemi di ordine
pubblico.
Manca autentica integrazione
L’idea, invece,
dev’essere un’altra: più denaro ai progetti più piccoli, gestibili, dove
l’integrazione è seguita davvero. Meno ai grandi hub dove si offre meno
in termini qualitativi e si possono fare economie di scala. Ma,
soprattutto, a Simonetti interessa che sia rivisto il criterio con cui
vengono predisposti i bandi delle prefetture. «Perché - dice - i
problemi nascono a monte, quando si studia come gestire questo
fenomeno». Per dimostrarlo la sua associazione ha compiuto un lavoro
certosino incrociando 80 gare d’appalto pubblicate dalle prefetture nel
2018 per la gestione di 180.000 richiedenti asilo. Il quadro che ne
emerge è fatto più di ombre che di luci: solo 16 bandi raggiungono la
sufficienza, 64 sono considerati carenti e altri 21 molto carenti. Il
primo aspetto critico è quello quantitativo: solo una gara su quattro ha
previsto un limite inferiore a 60 ospiti per centro di accoglienza.
Strutture più piccole sono più gestibili e hanno un minore impatto sulla
comunità, come dimostrano esempi negativi come il gigantesco Cara di
Mineo. Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, solo il 40% dei bandi
raggiunge la sufficienza. Le maggiori criticità riscontrate riguardano
l’orientamento e il supporto legale per la domanda di protezione
internazionale (giudizio negativo per l’88% dei bandi), l’insegnamento
dell’italiano (negativo l’82%), la mediazione linguistica e culturale
(negativo il 75%), i servizi di assistenza psicologica e sociale
(negativo il 57%) e i servizi connessi al lavoro, al volontariato e alla
positiva gestione del tempo (49% negativo). Unica nota positiva,
l’assistenza sanitaria, considerata positiva nell’85% dei bandi.
«L’offerta dei bandi è lo spartiacque tra strutture gestite con una
logica assistenzialista, dove le persone accolte restano in uno stato di
inattività e passività, e strutture gestite bene, dove queste persone
possono integrarsi con il tessuto del territorio» spiega Andreotti.
Il merito solo in una gara su tre
Per
arrivare a questi traguardi, però, servono professionalità. E anche su
questo versante i nuovi bandi del 2018 non sembrano incoraggianti: solo
in una gara su tre la professionalità delle équipe chiamate a gestire i
Cas hanno un peso sul punteggio incidendo sulla graduatoria finale.
Andreotti è convinto che questo farebbe un gran bene a tutta la nazione:
«L’accoglienza straordinaria porta a quasi un miliardo di euro - dice,
senza contare un altro miliardo stimabile per l’indotto. Calcoliamo che
in questo modo potrebbero crearsi 36.000 posti di lavoro qualificati».