lunedì 1 ottobre 2018

La Stampa 1.10.18
Travolti da una rabbia cieca che uccide
di Pierangelo Sapegno


Nella schiuma di rabbia, che separa l’arena della follia dalla normalità, la cronaca di questi giorni ci consegna un Paese rovesciato che sta perdendo le regole più elementari della convivenza. A Lecce, un uomo di 57 anni ha scaricato la sua 357 Magnum uccidendo un pensionato, il figlio e la sorella della moglie, rimasta gravemente ferita, solo perché non dovevano parcheggiare sotto casa sua. E a Fontane di Villorba, Treviso, un giovane è morto e 7 sono ricoverati in ospedale (3 in prognosi riservata), aggrediti durante una festa d’addio al celibato dai vicini che non gradivano troppo tutta quella baldoria. Bastano davvero un po’ di rumore e un parcheggio sbagliato per dare sfogo alla propria violenza? Bertolt Brecht diceva: «Tutti a dire della rabbia del fiume in piena, e nessuno della violenza degli argini che la costringono». Gli argini, cioè il perimetro informe che racchiude la violenza, appartengono per intero alla nostra società, sfibrata da una crisi infinita, segnata dalle ingiustizie, dal parassitismo di certi privilegi, da un impoverimento diffuso e dall’assenza di un futuro, soprattutto, che hanno generato l’invidia rancorosa dei più deboli sommata alla paura di perdere non solo le cose che hai, ma pure quelle che pensavi di avere.
In questa miscela esplosiva, che si riflette benissimo in certe violenze verbali del web, l’odio è diventato prima una categoria politica, che pensa di godere della stessa immunità concessa ai parlamentari, e poi anche una categoria sociale. L’atmosfera corrosa di questi ultimi tempi e la sensazione diffusa di un avvenire sempre più incerto hanno di fatto sdoganato l’odio, come un sentimento che appartiene per intero alla crisi dei nostri giorni e ne esprime la sua rabbia cieca.
E se l’odio porta consensi, perché non giustificare anche la rabbia che lo provoca? L’impoverimento cattivo della società ha creato quasi un’umanità di risulta, un popolo rancoroso che ha smarrito le sue sicurezze. In un Paese che si prepara ad armarsi per concessione legislativa, questa rabbia diffusa e incontrollata è un serio motivo di preoccupazione. Nel Far West c’erano i ranch da difendere e le tribù dei pellerossa in guerra. Ma la nostra cronaca oggi non ci sta raccontando storie di legittima difesa. Ci racconta invece storie trasversali di illegittima rabbia, che riguardano tutti, nessuno escluso. Si spara all’immigrato che ti può rubare il lavoro, alla donna che ti vuole lasciare, al vicino di casa che è uno straniero dell’Est come te ma che si diverte e fa un gran chiasso, semplicemente perché ognuno di loro, in modo diverso, non la pensa come te.