lunedì 1 ottobre 2018

La Stampa 1.10.18
Angela Merkel è diventata un’anatra zoppa
di Michele Valensise


Se fosse stata su un ring di pugilato, avremmo detto che Angela Merkel ha subìto un uno-due pesante, da finire quasi al tappeto. Due imprevisti rovesci in rapida successione hanno indebolito la Cancelliera e appannato la sua immagine, già provata dal magro risultato elettorale di un anno fa, dalle difficoltà di formare un governo e dai perduranti attriti in seno alla coalizione Cdu/Csu-Spd varata a marzo più per necessità che per convinzione.
Prima la destituzione con improvvida promozione a segretario di Stato del capo dei servizi di sicurezza interna, Hans-Georg Maassen, accondiscendente verso l’estrema destra responsabile dei tumulti di Chemnitz. In questo caso il furbo ricorso al «promoveatur ut amoveatur» ha scatenato una reazione negativa così forte, soprattutto nella base della Spd, da indurre il governo a fare retromarcia. Maassen non avrà incarichi politici. Dopo giorni di polemiche, rinfocolate dalla destra radicale galvanizzata dalla sua oggettiva difesa da parte dei servizi di sicurezza, Merkel ha gettato la spugna, riconoscendo pubblicamente l’errore e la sottovalutazione dei disordini e delle loro implicazioni. Poi l’elezione a sorpresa a capogruppo parlamentare democristiano di un ignoto deputato, Ralph Brinkhaus, candidatosi contro il volere della Cancelliera in un’inedita sfida frontale con l’uscente Volker Kauder, capogruppo al Bundestag dal 2005, fedelissimo di Merkel e dai lei sostenuto a spada tratta. La presidenza del gruppo parlamentare (Fraktion) è uno snodo politico importante nell’attività del Bundestag e, per la maggioranza, nel rapporto con il governo. La sconfitta del candidato della Cancelliera è stata letta come un’aperta ribellione nei suoi confronti, senza precedenti, dei deputati Cdu/Csu. Ancor più notevole, per una certa spontaneità del consenso coagulatosi su Brinkhaus. Anche qui la Cancelliera ha reagito con sincerità («è una sconfitta»), mentre l’AfD annunciava trionfante l’inizio della fine dell’era Merkel.
Per gli standard tedeschi, due scivolate gravi, sintomatiche di perdita di contatto con il Paese e il partito. In effetti, tra stilettate dell’alleato Seehofer preoccupato per le elezioni in Baviera del 14 ottobre, collaborazione svogliata della Spd e turbolenze nella sua Cdu, Angela Merkel deve guardarsi dal fuoco amico. Si unisce al coro il commissario Ue Günther Oettinger (Cdu), poco aduso alle sfumature, che la definisce «un’anatra zoppa».
Tuttavia è ancora presto per ipotizzare avvicendamenti o scosse profonde a Berlino. La Cancelliera, pur se indebolita, dimostra tenacia e autorità. Ieri, nel ricevere Erdogan, ha detto parole chiare su democrazia e stato di diritto e ha lanciato un’idea ambiziosa sulla Siria, da realizzare con Turchia, Francia e Russia. Soprattutto, una sua uscita di scena in tempi brevi non sarebbe una buona notizia per l’Europa: al di là di limiti e cautele, è Merkel che ha mantenuto più di altri una linea di separazione netta tra chi crede in un destino comune europeo e chi invece vuole tornare a vecchie e pericolose divisioni, spacciandole per una bella novità.