sabato 13 ottobre 2018

La Stampa 13.10.18
Un patto sacro
di Mattia Feltri

La deposizione del carabiniere Francesco Tedesco ha chiarito, forse definitivamente, alcuni punti non ancora così nitidi. Primo, un ragazzo di 31 anni e 36 chili è stato massacrato di botte dallo Stato. Secondo, per nove anni lo Stato ha coperto i responsabili, oppure non ha capito, o non ha voluto capire, attraverso parti delle forze dell’ordine, della magistratura, della politica che credevano o speravano nell’oblio. Terzo, bisogna essere grati al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, che si è impegnato in prima persona perché il caso fosse riaperto e venisse restituita una dignità e una credibilità allo Stato medesimo. Quarto, la faccenda è di una tale enormità che non la si può scaricare interamente addosso ai colpevoli: riguarda ognuno di noi, chi si è battuto e poteva battersi di più, chi si è battuto poco, chi non si è battuto affatto, chi si è battuto per infangare la verità e reggere coda a uno Stato che rischiava la bancarotta morale: non uno di noi è estraneo a questa vergogna. Quinto, sarebbe ora che ci ficcassimo in testa una questione facile facile, e cioè che nessuno ha il diritto naturale di prelevare una persona e privarla della libertà; questo diritto è stato consegnato alle forze dell’ordine e alla magistratura da un patto sottoscritto da tutti noi a tutela di tutti, anche da e per Stefano Cucchi, e quel patto dovrebbe essere sacro, un patto secondo il quale chi riceve il diritto di privare della libertà una persona, ha anche il dovere di custodirla come fosse un figlio. Ficchiamocelo bene in testa, anziché infischiarcene del carcere, perché un giorno potrebbe toccarci.