La Stampa 11.10.18
Il voto di Midterm sarà deciso dalle donne
Il futuro della politica globale è femminile
di David Thorne
Sono
cresciuto in Italia e negli Stati Uniti, in un sistema politico e in un
ordine mondiale plasmati da uomini di potere, ma oggi sto assistendo a
una rivoluzionaria transizione che trasformerà radicalmente la politica e
l’economia globali: le donne stanno emergendo ovunque, come influente
forza economica e politica. Una combinazione di attivismo, rabbia,
ricambio generazionale e calo demografico ha creato un potente cocktail;
il discorso a lungo termine non è se movimenti globali come #MeToo e
#TimesUp trascineranno nella polvere uomini potenti a decine negli Stati
Uniti, ma se permetteranno a milioni di donne in tutto il mondo di
arrivare a conquistare posti di potere nel governo e negli affari.
I fatti, non la retorica
Tutti
gli indicatori disegnano uno scenario in cui le donne avranno un
impatto determinante nel cambiare la politica e il potere così come li
conosciamo, e il prossimo banco di prova sarà il 6 novembre 2018 con le
elezioni americane di metà mandato. I fatti, non la retorica, raccontano
il montare di una marea politica. Nel 1985, quando il futuro segretario
di Stato John Kerry, mio amico e cognato, fu eletto al Senato degli
Stati Uniti, tra i suoi 99 colleghi, solo due erano donne. Ancora oggi,
le donne detengono meno di un quinto dei 435 seggi che compongono la
Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, nonostante rappresentino
normalmente più della metà dell’elettorato nel voto federale. Ma le cose
stanno cambiando. Un numero record di candidati al Congresso quest’anno
sono donne - oltre 200. Si aggiunga questo al maggior numero mai
registrato nella storia americana di vittorie di candidate nelle
primarie per il Congresso.
Le sfidanti fanno notizia
Quest’anno
alle primarie dei democratici per i posti vacanti - là dove erano in
lizza almeno un uomo e una donna - le candidate hanno trionfato quasi
nel 70% dei casi.
Più di un nominato su cinque tra i candidati al
Congresso corre per un posto vacante, sono quelli che più probabilmente
passeranno di mano in un sistema ancora dominato dai vincitori delle
elezioni, ma anche nel confronto diretto con popolari candidati di sesso
maschile, le sfidanti hanno fatto notizia: due hanno vinto le primarie
nello Stato di New York e nel mio stato di residenza, il Massachusetts,
dominando nettamente confronti del tipo «Danielle contro Golia». Perché?
È semplice: il presidente Donald Trump, con la sua ostilità verso il
voto femminile, ha galvanizzato un movimento politico sorprendentemente
latitante nel 2016, quando l’America ha scelto la prima donna candidata
alla presidenza degli Stati Uniti, che ha guadagnato oltre tre milioni
in più nel voto popolare, ma non ha vinto il collegio elettorale.
A
partire dai cortei di donne in tutta la nazione nel giorno della
cerimonia di insediamento del presidente Trump, l’impennata del voto
femminile ha portato i democratici alla vittoria nel voto per il
governatore in Virginia e nel New Jersey, e a una scioccante vittoria al
Senato in Alabama, uno stato profondamente repubblicano.
L’intenzione degli elettori
Secondo
i dati di un recente sondaggio il 60 per cento delle donne intervistate
ha espresso l’intenzione di votare per i democratici all Congresso, e
il 43 per cento ha dichiarato che l’avrebbe fatto in segno di protesta
contro il presidente. Un divario di genere di 24 punti favorisce i
candidati democratici. Il 40% delle donne afferma di essere «più
entusiasta» del voto a novembre; alle ultime elezioni di metà mandato,
solo il 14% delle donne aveva fatto un’affermazione del genere.
Votano
anche con le borse e i portafogli: 329 mila donne hanno contribuito
alle campagne elettorali, un numero che probabilmente raddoppierà le
quasi 200 mila del 2014. Questo, ovviamente, rispecchia una tendenza di
lungo termine: le donne americane decidono oltre il 70% dei consumi
familiari e poiché con i millennial, che sono più solidali,
rappresentano il maggiore segmento del mercato dei consumi, il potere
economico delle donne si sta infine unendo al potere politico.
Qualsiasi
elezione americana è volatile. Siamo famosi per le «sorprese di
ottobre». Fino all’ultimo possono capitare eventi in grado di sovvertire
i pronostici.
In effetti, la polemica sul candidato del
presidente Trump per la Corte Suprema, il giudice Brett Kavanaugh, ha di
fatto cambiato la dinamica politica generale; non è chiaro al momento
se ne sia stata rinvigorita la moribonda base politica repubblicana, o
se questo abbia solo ulteriormente galvanizzato le donne, convincendole a
rompere con il Gop (i repubblicani).
Dopo il caso Kavanaugh
Ai
partigiani conservatori che si rallegrano perché il senato repubblicano
è riuscito a imporre di stretta misura la nomina di Kavanaugh
nonostante le accuse di violenza sessuale, la storia passata potrebbe
insegnare qualcosa.
Nelle elezioni del 1992, dopo che la nomina
del giudice Clarence Thomas alla Corte Suprema fu approvata nonostante
le accuse di molestie sessuali, uno tsunami politico cambiò il Senato:
in quello che fu definito «l’anno della donna» il numero di senatrici
democratiche triplicò. Ma non è solo la politica americana a venire
trasformata dall’emergente potere politico femminile.
È una
tendenza globale e lo si è visto il mese scorso alla 73a Assemblea
generale delle Nazioni Unite. Quello delle leader donna è un gruppo in
crescita per quantità, influenza e ambizioni planetarie. Nell’ultimo
decennio il numero di donne presidenti e primi ministri tra gli Stati
membri dell’Onu è raddoppiato.
Ci sono sempre più donne a
rappresentare i loro Paesi, e sono agenti di cambiamento - combattono
per politiche che diano voce in capitolo alle donne su questioni che
vanno dalla parità sul lavoro al congedo parentale, alle politiche
estere che privilegiano la diplomazia rispetto all’intervento militare.
Il
futuro della politica globale è femminile. Resta da vedere se questa
marea trasformerà la politica americana a novembre o nel prossimo
futuro; ma potete scommetterci, stiamo assistendo a una svolta epocale
che cambierà la storia degli ultimi tre quarti del ventunesimo secolo.
Il 2018 potrebbe essere il vero «anno della donna». Anche se sono
cresciuto in un mondo modellato da Dean Acheson (il segretario di Stato
del presidente Truman, cui va accreditato di aver costruito l’ordine
transatlantico, che alla fine ha vinto la Guerra Fredda) e dai «Tre
saggi», in questa nuova era toccherà alle nostre figlie essere veramente
«presenti alla creazione».
Traduzione di Carla Reschia