La Stampa 10.10.18
Risparmi sugli stipendi e zero investimenti
La manovra del governo trascura la scuola
di Flavia Amabile
Bisogna
arrivare a pagina 95 della Nota di aggiornamento del Def per trovare il
capitolo istruzione. Quattro pagine fitte di parole, nessuna cifra. È
il documento su cui punta gli occhi il mondo della scuola che ha voltato
le spalle al Pd dopo il malcontento creato dalla legge 107. Il
Movimento Cinque Stelle sa di dover soddisfare le aspettative di decine
di migliaia di persone e Luigi Di Maio ancora ieri provava a rassicurare
tutti: «Nella legge di Bilancio non ci sarà un solo centesimo tagliato
al mondo della scuola né a quello dell’università, neanche un centesimo
sarà decurtato per gli stipendi dei docenti. Anzi, nel Def abbiamo
scongiurato il calo di retribuzione previsto dal vecchio governo
individuando i fondi necessari affinché questa riduzione non ci fosse».
La riduzione dello 0,4%
In
realtà quello che si legge nella Nota è diverso. L’unica cifra che
interessa la scuola si trova sessanta pagine prima, nel capitolo sui
«Dati di consuntivo» e si riferisce a tutti i lavoratori pubblici.
Prevede che i redditi da lavoro dipendente della pubblica
amministrazione si ridurranno dello 0,4% in media nel biennio 2020-2021.
Fino al 2021, quindi, gli stipendi del personale della pubblica
amministrazione, tra cui il personale della scuola, subiranno una
riduzione media dello 0,4% con un risparmio pari a oltre un miliardo di
euro per tutto il settore pubblico e a almeno 300 milioni per quel che
riguarda solo la scuola. Il risparmio, spiegano i tecnici dei sindacati,
è dovuto soprattutto all’uscita di personale più anziano che verrà
sostituito da persone più giovani e in molti casi meno onerose per le
casse dello Stato. Ma potrebbe anche esserci un vero e proprio taglio
degli stipendi come denuncia Stefano Capello del sindacato di base
Cub-Sur: «I nostri stipendi verranno tagliati non solo più dal punto di
vista del salario reale ma anche da quello nominale. Per la scuola il
cambiamento si traduce nell’abbassamento degli stipendi».
Il
ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha confermato ieri al Tg1 che
l’obiettivo è di «avere docenti giovani nelle scuole». Il motivo? «Hanno
la capacità di soddisfare bisogni primari» e cita come esempio l’uso di
nuove tecnologie. Almeno altri cinquanta milioni dovrebbero essere
risparmiati attraverso il dimezzamento delle ore di alternanza
scuola-lavoro annunciato dal ministro ma nella Nota non ci sono cifre a
questo proposito.
Una lista di intenzioni
Non ci sono
nemmeno segnali che potrebbero far immaginare la voglia di puntare sul
mondo della scuola immettendo risorse. Il documento è soprattutto una
lunga lista di intenti: aggiornamento dei docenti, lotta contro
l’abbandono scolastico, ammodernamento delle strutture,
internalizzazione dei servizi di pulizia. Nessuna cifra, nessun
dettaglio. «Una scatola vuota», commenta Maddalena Gissi, segretaria
generale della Cisl scuola. «Può essere riempita di impegni concreti ma
può anche rimanere vuota come la scatola per la raccolta delle
elemosine», conclude. Poco convinto anche Francesco Sinopoli, segretario
generale della Flc-Cgil: «Per noi sono prioritari gli investimenti
diretti nella conoscenza. Su questo fronte per il momento le iniziative
del governo ci sembrano deboli».
Nel documento si precisa anche
che ci sarà l’autonomia differenziata, con l’attribuzione di particolari
poteri alle Regioni a statuto ordinario. Molti temono che sia un modo
per introdurre un tema caro alla Lega, il reclutamento regionale. Ma i
Cinque Stelle si sono affrettati a smentire. «La regionalizzazione non è
prevista dal contratto di Governo», ricordano senatrici e senatori del
Movimento in commissione Cultura.