il manifesto 10.10.18
In Brasile è tempo di «organizzare la speranza»
Intervista.
Il dirigente del Movimento senza terra Ernesto Puhl: «Bivio drammatico
tra civiltà e barbarie. Ma Haddad può ancora farcela»
Rio de Janeiro,
sostenitori di Fernando Haddad con la «L» di Lula e lo smartphone con
la scritta «Noi siamo la dimensione dei nostri sogni»
di Claudia Fanti
Haddad
non è più solo Lula. Haddad è il Brasile democratico, e non solo.
Haddad non è la sinistra – che è un’altra cosa -, ma è un argine
all’offensiva del capitale, che non ha frontiere, contro la classe
lavoratrice, che invece l’estrema destra vorrebbe rinchiudere entro
confini sempre più angusti.
Haddad è, insomma, una risposta
democratica a ogni spinta neofascista, anche in Italia, dove Salvini ha
reagito al risultato del primo turno delle elezioni brasiliane come
c’era da attendersi: «Il vento sta cambiando ovunque. Non capisco alcuni
giornalisti italiani che danno del “razzista-nazista-xenofobo” a
chiunque solo perché chiede più ordine e sicurezza per i cittadini».
Bolsonaro
è l’espressione tragicomica dell’onda ultraconservatrice che pensa di
risolvere tutto mettendo a ferro e fuoco il Paese
Sul pericolo
rappresentato da Bolsonaro dopo il voto di domenica e sulle prospettive
per il paese abbiamo interrogato Ernesto Puhl, dirigente di quel
Movimento dei senza terra che, nei suoi oltre 30 anni di lotta, è
riuscito a trasformare un esercito di esclusi in un soggetto politico
forte, cosciente e combattivo.
Come valuti i risultati del primo turno?
Sono
risultati che sorprendono e fanno paura. La società brasiliana si trova
di fronte a uno storico bivio – civiltà o barbarie, rilancio della
democrazia o ritorno della dittatura -, come non era mai successo dalla
ridemocratizzazione del paese. Nel clima di estrema polarizzazione che
si respira nella società, l’estrema destra di Jair Bolsonaro ha portato
avanti la propria narrazione attraverso le reti sociali, scatenando da
lì la sua campagna d’odio a base di fake news. E per questa via è
riuscita ad assicurarsi una forte presenza all’interno del Congresso,
ottenendo il sostegno delle lobby dei latifondisti, degli evangelici e
dell’industria delle armi. La sinistra è stata molto più presente per le
strade, tentando di dare visibilità al proprio progetto di paese, ma,
pur avendo ottenuto il maggior gruppo parlamentare alla Camera dei
deputati, non è riuscita a frenare l’onda fascista nel Sud e nel
Centro-Ovest.
Come è possibile che Bolsonaro sia percepito dalla popolazione come un candidato anti-sistema?
Bolsonaro
è l’espressione tragicomica dell’onda ultraconservatrice presente nella
società brasiliana, quella che pensa di risolvere i problemi del paese
mettendolo a ferro e fuoco. Si presenta come il paladino dei buoni
costumi e della famiglia tradizionale, come il candidato estraneo alla
cricca dei politici corrotti. In realtà è una figura senza contenuti
(nei suoi 27 anni di vita parlamentare è riuscito a far approvare appena
due progetti), uscita dalle caverne di un passato che sembrava
superato. Una marionetta manovrata dalla destra imperialista per servire
gli interessi del grande capitale.
Fernando Haddad con Dilma Roussef
La
crescita dell’estrema destra è iniziata già durante l’amministrazione
di Dilma Rousseff. Sono stati commessi errori che hanno favorito questo
fenomeno?
È a partire dalle manifestazioni di protesta del 2015
contro Dilma Rousseff – un effetto della recessione dovuta alla crisi
economica internazionale – che ha iniziato a imporsi, dietro la bandiera
della lotta alla corruzione, un discorso fortemente conservatore,
moralista, antidemocratico e anti-popolare, lanciato dall’élite
brasiliana e accolto dalla classe media. Il fatto è che, occupando lo
spazio istituzionale, il Pt si è dimenticato di alcune sue bandiere
storiche, a cominciare dal compito di formare i militanti, di
organizzare la classe lavoratrice, di operare cambiamenti strutturali:
la riforma politica, la riforma agraria, la riforma urbana, quella dei
mezzi di comunicazione, quella della giustizia. Ma non è per i suoi
limiti che si è scatenata la campagna d’odio contro il Pt, bensì per i
suoi successi: per il fatto di aver costruito il più grande programma di
politiche sociali mai registrato nella storia del Brasile.
Perché, allora, anche tra i settori popolari ha fatto breccia il discorso di Bolsonaro?
I
governi del Pt hanno puntato sulle politiche pubbliche, sulla crescita
dei livelli di consumo e sullo sviluppo del mercato interno, sulla base
di un modello di conciliazione di classe che ha portato grandi vantaggi
anche al settore finanziario, a quello dell’agroindustria e a quello
delle infrastrutture. Nel portare avanti questo progetto, però, il Pt ha
rinunciato alla lotta di classe, trascurando la formazione politica,
ideologica e culturale della popolazione brasiliana. Con conseguente
de-ideologizzazione della società.
Fan della dittatura militare e delle fake news, al primo turno Jair Bolsonaro ha preso il 46%
Se Haddad riuscisse nell’impresa di capovolgere il risultato del primo turno, quanti margini avrebbe per governare?
La
priorità è ora vincere il ballottaggio per scardinare l’offensiva del
capitale contro la classe lavoratrice, bloccando il tentativo, in atto
ovunque nel mondo, di scaricare sui lavoratori i costi della crisi
internazionale. Haddad può ancora farcela, ma quale governo potrebbe
nascere con un Congresso tanto reazionario? La sfida è quella di
costruire la governabilità sulla base di una concezione di democrazia
partecipativa, in maniera che il popolo si senta parte di un progetto
che ha contribuito a elaborare. Bisogna combattere le espressioni
conservatrici e fasciste all’interno della società ristabilendo lo Stato
democratico di diritto, recuperando la sovranità sulle risorse naturali
e sulle fonti energetiche. E questo è possibile farlo solo mobilitando
il popolo in difesa del progetto democratico popolare.
Qual è in tutto ciò il ruolo dei movimenti sociali?
Nella
resistenza contro quest’onda neofascista i movimenti popolari, i
settori più progressisti delle chiese, i sindacati sono chiamati a dare
una risposta all’altezza della sfida che il paese si trova ad
affrontare, organizzando la società e facendo formazione. Se non
dialoghiamo con il popolo nei quartieri, per le strade e nelle reti
sociali, uscendo dalla bolla in cui raggiungiamo solo chi è già
convinto, non riusciremo a sconfiggere il fascismo e a disputare
l’egemonia nella società. Perché chi è che sta occupando lo spazio delle
periferie? Sono gli evangelici. È la Rede Globo, che arriva tutti i
giorni nelle case della popolazione. Noi di sinistra abbiamo bisogno di
riprenderci questo spazio che abbiamo abbandonato. Secondo le parole del
poeta Pedro Tierra, dobbiamo «organizzare la speranza, guidare la
tempesta, rompere i muri della notte».