La Lettura del Corriere della Sera 21.10.18
Un sovranista da reality. I garbugli di Diego Fusaro
Un
abile funambolo, spesso ospitato in tv, sdogana con un lessico pomposo
le più banali teorie complottiste e le pulsioni autoritarie contro gay,
femministe
e immigrati. Si presenta come un cultore di Marx ma blandisce i gruppi
di estrema destra, soprattutto CasaPound
di Donatella Di Cesare
La
conduttrice si lascia andare a un sorriso mellifluo e complice. Sta per
dare la parola a un ospite che, lusingata, chiama «professore». Tuonano
i primi slogan: «turbocapitalismo apolide», «stanno sostituendo i
popoli europei coi migranti», «l’antirazzismo in assenza di razzismo fa
il gioco del potere», «così viene contrabbandato il mito
omosessualista», il «nuovo ordine mondiale non tollera Stati-nazione e
famiglie».
Avranno invitato in Tv un esponente di CasaPound? Ormai
avviene anche questo. E invece nel video fa capolino la ricercata
abbronzatura di Diego Fusaro, mentre la telecamera indugia sulla chioma
scapigliata e il glauco sguardo accattivante. L’apparenza è sorretta da
una spigliatezza vanesia e una loquacità che ha il ritmo del gergo
calcistico. Prodotto inquietante dell’Italia odierna, Fusaro si fa
passare come uno «di sinistra» (e se lo ammette lui?!), mentre scandisce
parole d’ordine della nuova destra, aggressiva e astuta, capace di una
straordinaria presa mediatica. Dissimulazione e raggiro sono le armi di
quest’abile funambolo, che a ben guardare è il sovranista della porta
accanto.
Ecco svelato il segreto del suo successo. Che cosa c’è di
meglio che ascoltare, rifritti in salsa aulica, i propri più abietti e
inconfessabili sentimenti contro migranti, femministe, omosessuali,
vegani e apolidi di ogni sorta? Per di più in modo così semplificato? Le
formulette di Fusaro, postate sui social media o proclamate con piglio
professorale nei canali televisivi, compresa la Rai, sono un toccasana.
D’un tratto tutto è chiaro: da una parte «noi», i buoni, che stiamo in
«basso», vessati, precarizzati, circuiti; dall’altra «loro», i cattivi,
che stanno in «alto», i burattinai dei mercati, i burocrati europei, ma
anche i mondialisti, tacciati di essere gli agenti occulti della
globalizzazione.
Così questo novello Zarathustra del «primato»
nostrano e sovrano, che si spaccia per «pensatore anti-sistema», viene a
svelarci i complotti di cui saremmo vittime. Lo fa con arte sopraffina,
mimando il lessico pomposo del «filosofo» nell’immaginario collettivo
italiano e infarcendo lo sproloquio con citazioni a caso, un po’ Marx e
un po’ Heidegger, un po’ Gramsci e un po’ Gentile. Tanto in questo
Paese, dove l’analfabetismo di ritorno ha raggiunto vertici epocali e
l’ignoranza non ha più remore a esibirsi, chi controlla? In un attimo
l’effetto esotico è raggiunto — quanto basta per lasciar intendere a chi
non sa, o non vuol sapere, che questo singolare personaggio, che «pensa
altrimenti», sia davvero un promettente filosofo, che le sue lunghe
parafrasi, di cui riempie libri e messaggi, siano frutto di riflessione
profonda e originale. Sennonché quei paroloni altisonanti non veicolano
che bieche ideuzze e subdole nozioncine per un pubblico facile da
abbindolare.
Caricatura della filosofia, tirata in ballo nello
spazio pubblico solo per venire sbeffeggiata! Uno schiaffo a chi lavora
seriamente. Eppure in Italia non mancano filosofe e filosofi, giovani e
giovanissimi, molti dei quali sono stati costretti a cercare fortuna
all’estero. Quale lezione dovrebbero trarre dall’indecoroso
riconoscimento tributato in patria al ciarpame? Molti si sono espressi
nella Rete, dove Fusaro — di cui gira un fake Diego Fuffaro
(@FuffaroDiego) — è ormai apertamente schernito.
Le responsabilità
non sono solo di media, tv, giornali, siti web. Ha le sue colpe la
filosofia sia per aver taciuto, o talvolta persino plaudito, sia per
quel rinserrarsi nell’astruso accademichese che lascia campo libero
all’antipolitica. Non sono estranee neppure le case editrici che ne
hanno pubblicato i volumi. Feltrinelli ha affidato la monografia su
Gramsci a chi ne fa un gentiliano dell’ultima ora, una sorta di
fascista. Lo stesso vale per Marx, ridotto a mero paladino
dell’anticapitalismo.
Si potrebbe ignorare Fusaro, se non fosse
per due motivi. Anzitutto perché resta il caso di questa ambigua figura,
quasi icona della contemporaneità, incarnazione dello stato in cui
versa la cultura italiana. Inoltre perché i suoi garbugli
iperideologici, con cui proclama la fine di tutte le ideologie e il
superamento di destra e sinistra, si sono rivelati ben più dannosi di
quanto si volesse ammettere. I suoi slogan, reiterati ossessivamente,
hanno certo contribuito alla vittoria del governo Lega-M5S, di cui
Fusaro non ha remore a farsi portavoce. All’indomani della sua uscita
dal mondo accademico — che sia «professore» è una fake news — la sua
posizione è venuta alla luce.
Non si parli di commistione tra
destra e sinistra, di «rossobrunismo»! Perché qui di rosso non c’è
nulla. Da che parte si dovrebbe situare chi sottolinea la «parabola» che
«dall’Internazionale comunista conduce all’odierna Internazionale
liberal-finanziaria» (Pensare altrimenti, Einaudi)? Per criticare quella
sinistra socialdemocratica che ha mostrato sudditanza verso il potere,
non sostenendo i lavoratori e chiudendo i porti, non serve certo
inseguire questa peripezia fascistoide.
Fusaro riprende a piene
mani, riassumendo e banalizzando, l’insegnamento del suo maestro
Costanzo Preve, che ha finito per essere un negazionista della Shoah e
per pubblicare presso editori di estrema destra. D’altronde Fusaro
collabora con «Il Primato Nazionale», testata vicina a CasaPound, forza
politica che non disdegna di frequentare. Si vuol dire che è un fascista
del terzo millennio? Oppure un neonazista? Non proprio.
È un
sovranista che indica nell’Europa «un progetto criminale», ammira Putin,
è vicino agli antiabortisti, antisemita quanto basta, scopertamente
omofobo, cultore dell’«identità», fautore di un ritorno degli
Stati-nazione, con la loro vecchia sovranità e i muri innalzati contro
gli immigrati. Di questi parla come se non fossero persone, libere di
scegliere, bensì strumenti per quella «sostituzione etnica» divenuta il
mito del neofascismo odierno. Fusaro è maestro solo del complottismo,
quell’ossessione paranoica per i poteri forti — il «governo mondiale»,
la «casta», le «élites» — che da qualche parte reggerebbero le sorti
della storia; malattia del mondo disincantato, bisognoso di certezze e
semplificazioni, la favola del complotto, facile da propagare e
difficile da confutare, è il pilastro del populismo odierno.
Come
definire l’inedito mix reazionario di Fusaro? Forse neppure serve
definirlo. L’importante è vederne con chiarezza le componenti, senza
sottovalutarlo. Non sappiamo forse già dove in passato hanno portato
questi discorsi che oggi in Italia hanno aiutato l’estrema destra a
diventare forza di governo?