Il Sole 21.10.18
Evoluzione e cultura. Le abilità cognitive
stanno diminuendo nel mondo occidentale per l’invecchiamento della
popolazione e perchè le persone più istruite fanno meno figli
Il declino dell’intelligenza
di Gilberto Corbellini
Esiste
qualche fattore, teoricamente definibile e più o meno quantificabile
per efficacia causale, in grado di spiegare perché in alcuni paesi del
mondo, rispetto a altri, c’è più benessere economico, più salute, più
educazione, più felicità, meno corruzione, meno violenza, più efficienza
delle istituzioni (stato di diritto), più produzione culturale, più
scienza di qualità, etc.? A cosa si può attribuire il fattoche il
progresso umano si sia distribuito difformemente nel corso del tempo, e
tra le nazioni?
Sono state suggerite diverse risposte, negli anni.
Dalla libertà economica (capitalismo), alla razionalità istituzionale,d
all’illuminismo, con il suo impianto meccanicista-newtoniano, alla
geografia ambientale, all’etica civica borghese, alla selezione genetica
dell’intelligenza, etc. In realtà, nessuno di questi fattori, ognuno
dei quali è un tratto necessario per capire la modernità occidentale,
preso singolarmente risulta sufficiente per dar conto che alcuni paesi
sono più sviluppati o progrediti di altri.
Lo psicologo
dell’intelligenza austriaco Heiner Rindermann da un paio di decenni va
costruendo una spiegazione alla quale ha ora dedicato un voluminoso
libro, zeppo di dati, idee e argomenti. L’espressione «capitalismo
cognitivo» è usata in questo caso con un’accezione diversa dai
neomarxisti francesi che speculano di una forma di produzionedove
cambierebbe la natura del lavoro e della proprietà, nonché i processi di
valorizzazione di un capitale sempre più smaterializzato. Rindermann
fornisce una definizione precisa di «capitale cognitivo», che scaturisce
dalla ricerca empirica elaborata statisticamente attraverso la path
analysis e che consiste nelle abilità cognitiva rilevabili a livello di
individui, società o nazioni. Queste capacità cognitive consentono di
predire statisticamente e spiegare teoricamente innovazione,
produttività, reddito e differenze nella ricchezza, nonché hanno un
impatto sulle norme politiche e l’organizzazione istituzionale
determinando l’efficacia del governo, dello stato di diritto e della
democrazia.
L’abilità cognitiva altro non è che intelligenza
(capacità di pensare fluidamente in modi astratti e ipotetici), più
conoscenza acquisita (capacità di cristallizzare conoscenze rilevanti
per la soluzione di problemi), più uso creativo delle conoscenze per
risolvere problemi. L’abilità cognitiva è stata chiamata anche quoziente
intellettivo, capitale umano, capitale immateriale, competenza
cognitiva, etc. e si può misurare a livello individuale o di popolazione
con diversi approcci psicometrici, fra cui test di intelligenza o i
vari test internazionali di valutazione tipo PISA, ma anche facendo
riferimento agli anni di istruzione scolastica e ai risultati
accademici.
L’abilità cognitiva si osserva in ogni contesto,
incluso l’ambiente lavorativo o la vita quotidiana. Pensiamo a una
persona alla prova con la soluzione di un problema più o meno complesso,
che richiede un ragionamento. Si può constatare che esistono differenze
nell’abilità con cui diverse persone risolvono lo stesso problema. La
ricerca dice che questa differenza dipende dai geni: nondimeno quasi
nulla si sa di geni e basi neurobiologiche dell’intelligenza. Il
contesto ambientale, lungi dall’essere alternativo ai geni, è la chiave
per spiegare l’aumento dell’intelligenza nel tempo: in che modo i
fattori ambientali potenzino l’intelligenza non è chiaro, ma sono state
chiamate in causa alimentazione, salute, stili genitoriali, reddito
familiare, istruzione, cultura, etc. L’abilità cognitiva è importante
anche per scelte o decisioni personali, che hanno una grande influenza,
come se fumare, leggere, viaggiare, riprodursi, etc.
Le differenze
tra nazioni per le abilità cognitive sono largamente descritte e
possono arrivare all’equivalente di 13 anni di apprendimento scolastico.
Anche le differenze storiche all’interno di paesi sono rilevanti, e
alcuni studiosi hanno descritto, ancora sessanta anni fa in paesi
sviluppati , la presenza di comunità umane dove le persone non erano in
grado di fare un ragionamento astratto e ipotetico.
Gli incrementi
cognitivi nel corso del ventesimo secolo (effetto Flynn), nei paesi
sviluppati, sono stimati in circa 3 punti di IQ per decennio. Per tutto
il secolo sono circa 30 punti. Un valore enorme. Questi dati per
Rindermann dimostrano che le differenze storiche e nazionali in
ricchezza, politica e cultura dipendono dalle abilità cognitive, che
hanno verosimilmente trovato un contesto per evolvere verso i risultati
che conosciamo grazie alla nascita sia della scienza moderna e sia del
cultura civica borghese; proprio in Italia nel Rinascimento.
Gli
aumenti delle abilità intellettive, una volta messi in moto, stimolavano
lo sviluppo sociale e a loro volta erano positivamente influenzati
dalle loro stesse conseguenze, producendo un processo storico e virtuoso
di modernizzazione cognitiva e sociale. In altre parole, lo sviluppo
umano occidentale è stato psicologicamente guidato dall’intelligenza,
sociologicamente supportato da una cultura civica borghese e spinto
avanti dalle élite intellettuali.
Questi fattori spiegano però le
differenze stabili, attraverso territori e tempi. Ma i cambiamenti
ambientali? Per Rindermann sono il prodotto dellevoluzione e della
cultura, vale a dire cambiamenti genetici/epigenetici causati da
pressioni selettive o fattori causali che plasmavano la psicologia umana
per adattarne le capacità cognitive alle sfide ambientali, e l’uso
sociale dei prodotti di questi cambiamenti psicologici. Evoluzione e
cultura lavorano insieme cambiando il comportamento, i valori e il
pensiero, cambiando l’istruzione nelle famiglie e scuole, influenzando
qualità e funzionalità delle istituzioni e sostenendo o impedendo lo
sviluppo cognitivo di individui, società e culture. Il tutto con un
impatto su produzione, reddito e ricchezza. Ma continueràa esserci
progresso?
La complessità a cui dover far fronte nel mondo
sviluppato aumenterà per l’innovazione scientifica e tecnologica, per
cui sarà richiesta una continua crescita di abilità cognitive. Ma queste
stanno diminuendo nel mondo occidentale, dove peraltro le società
diventano più vecchie con declino di intelligenza fluida e quindi di
capacità di innovazione. Inoltre, le persone più istruite e
cognitivamente più capaci fanno di regola meno figli. L’immigrazione è
improbabile che supplisca a questa crisi di capacità cognitive, in
quanto solo in minima parte è costituita da capitale umano integrabile.
Infine, le risorse naturali calano, il clima cambia e la diseguaglianza
cresce.
Rindermann discute una serie di scenari per il secolo in
corso, prevedendo che a livello mondiale il quoziente intellettivo
aumenterà ancora, ma nei paesi in via di sviluppo; mentre sta appunto
diminuendo nel mondo occidentale. La crescita economica, invece, si
ridurrà e il modo in cui le abilità cognitive moduleranno la crescita
dipenderà da diverse variabili. Abbiamo detto del cambiamento e della
transizione demografica (meno giovani e società più vecchie), ma ci
potranno essere vantaggi locali nell’arretratezza (paesi più arretrati
potranno progredire più rapidamente se in grado di agganciare la
crescita). La crescente complessità (una sfida per le società con meno
abilità cognitive, o che le stanno perdendo per insipienza dei politici)
potrebbe costituire una sfida difficile da gestire, insieme ai rischi
politici (instabilità politica, insicurezza e declino economico) e alle
influenze egemonichedi potenze regionali.
Cognitive Capitalism. Human
Capital and the Wellbeing
of Nations
Heiner Rindermann
Cambridge University Press, Cambridge (UK), pagg. 576, $ 32.03